Buenos Aires – 26 aprile 2025 – Nelle ‘villas miseria’ l’altra notte non s’è dormito. I poveri, gli umili, i diseredati di Baires hanno vegliato per non perdersi alle cinque del mattino l’inizio dei funerali del loro Papa. Ammassato nei bar già aperti o nelle case di chi ha la tv, o nelle piazze e nelle parrocchie davanti ai maxischermi, il popolo di Flores, il barrio natale di Jorge, non ha voluto perdere un minuto dell’ultimo viaggio terreno del loro amico davvero speciale.
In Paradiso ad accoglierlo c’è anche Alfredo. “Era un giovane molto malato che accompagnavo spiritualmente – racconta padre Adrian Bennardis, parroco dell’Immacolata di Villa Soldati, una delle “zone di emergenza” frequentate dal cardinale Bergoglio –. Combatteva contro una malattia che lo sovrastava. Sentita vicina la morte mi disse: ‘Ho bisogno della benedizione del Papa’. Mandai una mail in Vaticano e arrivò una lettera di Francesco, scritta di suo pugno, con la benedizione per Alfredo che ora è in cielo e sicuramente è tra coloro che l’hanno ricevuto. Ecco che cosa intendo per ‘padre dei poveri’: nonostante lui potesse stringere la mano a tutti i grandi della Terra non si è mai sentito come loro”.

Ma tutto il Paese ha seguito con orgoglio le esequie romane, finite le quali Buenos Aires ha iniziato le proprie. Alle 10 di qua – quasi a simboleggiare l’unione con Roma e al culmine di cinque giorni di preghiera ininterrotta – l’arcivescovo della capitale, José Garcia Cuerva, ha celebrato nella Cattedrale Metropolitana la messa di suffragio del Papa alla quale è seguita un processione lunga quanto quella che a undicimila chilometri di distanza ha portato il feretro da San Pietro a Santa Maria Maggiore.
Una vera “carovana nei luoghi di Francesco” come ha detto nell’omelia il monsignore. La prima tappa nell’antistante Plaza de Mayo, dov’è stato condiviso il pranzo con i bisognosi; quindi un percorso caro al Pontefice defunto: piazze, ospedali, carceri, baraccopoli, centri di accoglienza per giovani con problemi di dipendenze, santuari come San José del Flores, la chiesa dove Bergoglio è stato quattro anni parroco nel centro del barrio più popoloso della città. Chi non ha potuto fare il percorso a piedi ha usato auto o mezzi pubblici rappresentando quella “Chiesa in movimento” così cara al Papa argentino. “Manterremo – dicono i “curas villeros”, i parroci delle periferie - questo patto d’amore per Francesco ogni anno come parte della sua eredità; e andremo anche in altri luoghi dove lui ci ha insegnato a essere una chiesa povera per i poveri”.
E siccome Bergoglio era il Papa di tutti, non poteva mancare l’omaggio del San Lorenzo de Almagro, la squadra di calcio per la quale ha tifato fin da bambino e di cui era tesserato. Un rapporto speciale, il suo, con i rossoblù che vinsero la loro unica Libertadores l’anno successivo alla elezione di Francesco. Ieri sera nella partita contro il Rosario Central, il Nuovo Gasometro – che sostituisce il Gasometro dove la famiglia Bergoglio era sempre in tribuna, mentre lo stadio in costruzione si chiamerà Papa Francisco – si è vestito di bianco e giallo, i colori del Vaticano; la squadra è arrivata con un autobus personalizzato con l’effigie del Pontefice e la scritta “Siempre Cuervo” come sono chiamati i tifosi della squadra (ma “cuervo“ è anche il nomignolo per i preti).
Sulle maglie dei giocatori campeggiavano le parole “Papa Francisco. Juntos por la eternitad”. Un omaggio continuo, sincero, senza esitazioni, piangente. Ma allora una domanda si pone: come mai Bergoglio da Papa non è mai andato in Argentina? La risposta soffia nel vento.