Oligarchi russi, media: sei presunti suicidi in tre mesi. La lunga scia di misteri

L'ultimo caso in Spagna il 19 aprile, Sergey Protosenya si sarebbe impiccato dopo aver ucciso moglie e figlia. Il primo a gennaio, Shulman era un alto dirigente della Gazprom

Roma, 30 aprile 2022 - Oligarchi russi, da gennaio agli ultimi giorni della guerra in Ucraina è una lunga scia di morti e misteri. Sei uomini d’oro, legati al mondo esclusivo del presidente russo Vladimir Putin - e spesso agli affari sul gas -, sono stati trovati morti da gennaio al 19 aprile. In diversi casi con le loro famiglie, tragedie inquadrate come omicidi-suicidi, dalle prime indagini. Con ampi margini di dubbio. L’elenco è stato diffuso da Fortune e ripreso dalla Cnn. Vediamo le sei storie.

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Sommario

Sergey Protosenya

L’ultimo caso in ordine di tempo ci porta in Spagna, nella villa affittata per le vacanze di Pasqua da Sergey Protosenya, 55 anni, trovato morto il 19 aprile con moglie e figlia a Lloret de Mar (Girona). L’uomo si sarebbe impiccato dopo aver ammazzato le due donne mentre dormivano. Secondo i media iberici, Protosenya avrebbe usato un’ascia e un coltello per uccidere la moglie, 53 anni e la figlia, 18 appena compiuti. A far scattare il primo allarme sulla possibilità che potesse essere avvenuta una tragedia sarebbe stato l’altro figlio della coppia, Fedor, 22enne che vive in Francia. E che dimostra di non credere all'omicidio-suicidio: "Non l'avrebbe mai fatto, sono stati tutti uccisi da qualcun altro", ha dichiarato. 

Da diversi anni la famiglia, ha raccontato la stampa locale, era solita trascorrere parti dell’anno a Lloret de Mar, località turistica catalana dove risiedono diversi facoltosi uomini d’affari russi. Protosenya aveva ricoperto incarichi da dirigente in Novatek, azienda produttrice di gas. 

Vladislav Avayev
Vladislav Avayev

Vladislav Avayev

Il giorno prima, iI 18 aprile, Vladislav Avayev, 51 anni, era stato trovato morto nel suo appartamento al 14mo piano di un lussuoso condominio di Mosca, con la pistola in mano accanto ai corpi senza vita della moglie incinta e della figlia di 13 anni. Ex consigliere del Cremlino ed ex vicepresidente della Gazprombank, uno dei principali canali per i pagamenti di petrolio e gas russo sotto i riflettori del mondo, che aveva lasciato ufficialmente sebbene a detta di molti mantenesse alcuni legami. Tutte le piste restano aperte. 

Vasily Melnikov

A marzo erano stati trovati morti il miliardario russo Vasily Melnikov insieme alla moglie e ai due figli.  La scoperta dei cadaveri nel lussuoso  appartamento di Nizhny Novgorod. Secondo i media locali, la morte di tutti e quattro sarebbe stata provocata da ferite da taglio. Anche in questo caso si è parlato di omicidio-suicidio. Melnikov aveva fatto fortuna con l’azienda medica MedStom, che aveva sofferto molto per le sanzioni imposte alla Russia dopo l’invasione dell’Ucraina.

Mikhail Watford

Il 28 febbraio, 4 giorni dopo che la Russia aveva ufficialmente invaso l’Ucraina, Mikhail Watford era stato trovato impiccato nel garage della sua casa nel Surrey, nel Regno Unito. Russo di origine ucraina, 66 anni, aveva guadagnato milioni come magnate del petrolio e del gas dopo la caduta dell’Unione Sovietica.

Alexander Tyulyakov

Il 25 febbraio, appena tre giorni prima della morte di Watford, Alexander Tyulyakov, 61 anni,  ex dirigente della Gazprom, era stato trovato impiccato nel garage di casa vicino a San Pietroburgo. Accanto al corpo, sarebbe stato scoperto un biglietto.

Leonid Shulman

L’anno di morte e misteri si era aperto a gennaio con Leonid Shulman, 60 anni, alto dirigente di Gazprom. Anche in questo caso, gli investigatori avevano trovato un biglietto accanto al cadavere, in bagno. Da quel che è trapelato e che riporta Fortune, la morte di Shulman sarebbe avvenuta pochi mesi dopo l’apertura di un’indagine su una presunta frode a Gazprom.

La fuga del vice Gazprombank

In questo clima Igor Volobuev, vicepresidente di Gazprombank, il terzo più importante istituto di credito del Paese, ha annunciato di essere fuggito per andare a combattere al fianco di Kiev. "Non riuscivo a guardare quello che la Russia stava facendo alla mia patria", ha detto l’alto funzionario. Il quarto finora ad aver fatto una scelta così drastica, in aperta contestazione al Cremlino.  Volobuev, 50 anni, nato nella città ucraina nord-orientale di Okhtyrka, ha rivelato di aver lasciato la Russia lo scorso 2 marzo in un’intervista a The Insider, giornale on-line indipendente. "Non potevo più restare. Sono ucraino di nazionalità, non potevo più osservare dall’esterno. Il mio ritorno è una sorta di pentimento, voglio lavare via il mio passato russo. Voglio rimanere in Ucraina fino alla vittoria", ha detto l’ormai ex oligarca, licenziato a causa della sua fuga, che ha posto fine a una carriera di 33 anni all’interno di società affiliate con il colosso statale del gas Gazprom. E in particolare di Gazprombank, uno dei principali canali per i pagamenti di petrolio e gas russo, finito nel mirino delle sanzioni di Londra e Washington. Volobuev ha definito l’aggressione della Russia contro l’Ucraina un crimine di guerra: "E questo è un crimine da parte di Putin, del governo russo e, di fatto, del popolo russo. Perché non è Putin che uccide gli ucraini qui, non è Putin che violenta le donne. Questo è il popolo russo. E anche io, sebbene ucraino di nazionalità, ne sono responsabile".

Quattro defezioni di peso

Con la fuga dell’ex numero due di Gazprombank sale ad almeno quattro il numero di funzionari nelle alte sfere dell’economia e della politica russe ad aver voltato le spalle allo zar a causa dell’invasione in Ucraina. Avevano fatto lo stesso il primo vicepresidente del consiglio di Sberbank (il maggior gruppo bancario russo), Lev Khasis, ed il numero due della compagnia di bandiera Aeroflot, Andrei Panov. Ma soprattutto Anatoly Chubais, padre delle privatizzazioni in Russia e considerato uno degli uomini più vicini a Putin. Che a fine marzo aveva fatto perdere le sue tracce lasciando il Paese e l’incarico di inviato speciale del Cremlino per il clima. Altrettanto clamore avevano destato le dimissioni di Vagit Alekperov dalla guida della Lukoil, il primo gruppo russo privato del petrolio. Secondo alcuni, proprio per le sue posizioni critiche nei confronti di un conflitto in Ucraina che, tra le altre cose, sta mettendo in grande difficoltà l’economia russa ed i suoi oligarchi, sotto i colpi delle durissime sanzioni occidentali. L’uomo più ricco di Russia, il magnate dell’acciaio Vladimir Lisin, lo ha detto in modo chiaro: "Non capisco perché Putin abbia voluto invadere l’Ucraina, per gli affari credo sia stato un fatto negativo".