Venerdì 19 Aprile 2024

Un anno di notizie, i 10 fatti del 2019 più importanti nel mondo

Dall'incendio a Notre Dame all'attentato sul London Bridge: l'anno che stiamo per lasciarci alle spalle in dieci eventi chiave

L'incendio a Notre Dame (Ansa)

L'incendio a Notre Dame (Ansa)

Roma, 7 dicembre 2019 - Il tetto della cattedrale di Notre Dame divorato dalle fiamme è lo scatto più iconico del 2019 che stiamo per lasciarci alle spalle. La ferita inferta a uno dei simboli della cristianità ha suscitato un’ondata di commozione e preghiera che ha pervaso il mondo intero. Compresa l’Amazzonia, dove i roghi, stavolta non accidentali, hanno devastato il primo polmone verde del pianeta. Greta Thunberg, la sedicenne svedese attivista green, non ha fatto mancare il suo grido di dolore per la selva in fiamme, mentre in barca a vela (obiettivo emissioni zero), solcava l’oceano, dal Regno Unito agli Usa, per partecipare al summit delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Donne protagoniste quest’anno anche nello spazio. Qui due astronaute statunitensi sono entrate nella storia dopo aver effettuato la prima passeggiata fra le stelle tutta al femminile. Scendendo a Terra, il 2019 ha visto la governatrice di Hong Kong, Carrie Lam, reprimere nel sangue le proteste degli studenti universitari. Finora l’è riuscito di tenersi stretta la poltrona, quella che, invece, rischia di vedersi sfilare da sotto le terga il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, finito sotto impeachment a causa dell’Ucrainagate. Nessun passo indietro forzato per l’imperatore del Giappone che ha deciso in solitaria di abdicare a favore del figlio. Di corona in corona, festa grande nella casa reale britannica per la nascita di Archie, il primogenito dei duchi di Sussex, Harry e Meghan. Con loro ha gioito l’intera Inghilterra, colpita la scorsa settimana da un secondo attentato islamista sul London Bridge dopo quello del 2017. Tre le vittime, compreso l’attentatore. Ben più pesante la conta dei morti in Nuova Zelanda, dove a marzo uno sparatore neofascista ha assaltato due moschee. Cinquantuno le vite umane spezzate.

Notre Dame

I primi ad accorgersi che qualcosa non andava sono stati alcuni passanti. In quel tardo pomeriggio parigino del 15 aprile scorso hanno visto levarsi dal tetto di Notre Dame una densa nube bianca. Le prime lingue di fuoco hanno tolto ogni dubbio: la cattedrale stava bruciando. In fretta e furia la chiesa è stata fatta evacuare, turisti e fedeli messi in salvo. Inizialmente si è temuto un attentato, ma gli inquirenti hanno sgombrato subito il campo da qualsiasi illazione, collegando lo scoppio del rogo a dei lavori di ristrutturazione in corso sulla sommità del’edificio. Non per questo l’incendio è stato meno devastante: è crollata la guglia, con conseguente sfondamento di una volta a crociera; è andato in briciole due terzi del tetto, senza dimenticare altri danni all’interno della cattedrale. Si punta a riaprire la chiesa entro cinque anni.

Incendi in Amazzonia

La deforestazione in Amazzonia avanza un rogo dopo l’altro. In estate si sono accesi i riflettori dei media internazionali sul dramma della selva sudamericana. Per l’Istituto nazionale brasiliano di ricerche spaziali (Inpe), al 20 agosto 2019, nell’area si sono susseguiti 74.155 incendi (+83% rispetto allo stesso periodo del 2018). Oltre la metà di questi si sono sprigionati in territorio brasiliano. Ciò ha attirato una serie di critiche all’indirizzo del presidente di estrema destra, Jair Bolsonaro, accusato di non fare abbastanza per contenere la piaga. Ruvido, a dir poco, il botta e risposta fra quest’ultimo e l’omologo francese, Emmanuel Macron. Si tratta principalmente di roghi dolosi, appiccati per ampliare gli spazi di allevamento del bestiame e deviare i corsi d’acqua. Al destino dell’Amazzonia la Chiesa ha dedicato ad ottobre un Sinodo speciale dei vescovi che ha schierato il popolo di Dio al fianco delle popolazioni indigene e contro le politiche estrattiviste predatorie attuate nella regione.

Greta Thunberg

Anche quest’anno la Thunberg è riuscita a prendersi la scena. Per sensibilizzare l’opinione pubblica sul dramma dei cambiamenti climatici, l’eroina ambientalista ad agosto ha deciso di attraversare l’Atlantico a bordo di una barca a vela. La data di partenza non è stata casuale, dal momento che Greta ha lasciato la terra ferma una settimana prima dell’anniversario della sua protesta solitaria (20 agosto 2018) davanti al Parlamento svedese per aprire gli occhi al mondo sugli effetti del riscaldamento globale. Un sit it che la consacrò a voce dei difensori del pianeta.  Salpata dal Regno Unito diretta negli States, la Thunberg ha viaggiato sullo yacht ‘Malizia II’ col principe Pierre Casiraghi. Una volta attraccata negli Usa, avrebbe dovuto raggiungere il Cile dove in origine era in programma il forum Cop 25, poi dirottato a Madrid in virtù delle tensioni sociali nel paese. Sulla barca nessun confort, ma cibo liofilizzato, un secchio come wc e il vento a far da motore. L’attraversata è durata due settimane. Costo per l’ambiente? Zero emissioni nocive.

Donne nello spazio

Si chiamano Christina Koch e Jessica Meir, sono statunitensi e hanno rispettivamente 40 e 42 anni. Alle 13.38 (ora italiana) del 18 ottobre scorso sono entrate nella storia quali prime astronaute a compiere una passeggiata spaziale di sole donne. Componenti dell’equipaggio dell’Iss (la stazione spaziale internazionale), hanno messo la testa fuori dall’oblò per aggiustare l’unità di ricarica delle batterie della navicella. Una passeggiata lunga 7 ore e 17 minuti che ha permesso loro di agguantare il primato. Nel 1984 la russa Svetlana Evgen’evna Savickaja era stata la prima cosmonauta ad effettuare un’attività extraveicolare. Nel gennaio scorso un altro record fra le stelle. Stavolta made in Cina. Yutu 2, questo il nome del robotino con gli occhi a mandorla, è riuscito ad atterrare sul lato oscuro della luna, fino ad allora esplorato (solo musicalmente) dal genio dei Pink Floyd.

La protesta a Hong Kong

Sei mesi di tensioni, due morti, 2.500 feriti, 4.500 persone arrestate di cui il 40% sotto i 18 anni, una conta dei danni che supera i nove milioni di dollari. È il bilancio clamoroso dell’ondata di proteste che ha investito l’ex colonia britannica di Hong Kong, dal 1997 tornata sotto il controllo cinese (secondo la formula, rimasta sulla carta, ’Un Paese, due sistemi’, prevista da Londra e Pechino per la durata di mezzo secolo, con l’obiettivo di favorire un passaggio graduale di sovranità). La rivolta degli studenti è iniziata il 9 giugno. Un milione di persone in strada per chiedere il ritiro di una proposta di legge che permetteva a Pechino di processare gli autori di reati commessi ad Hong Kong. Pressata dalle proteste, la governatrice filo cinese Lam ha ritirato la norma in fieri. Troppo tardi per la piazza che a quel punto alza il tiro e chiede, da un lato, elezioni libere e, dall’altro, la fine dell’ingerenza di Pechino nella vita politica locale. Lam schiera le forze dell’ordine, la tensione sale. Gli scontri si fanno quotidiani e sempre più cruenti. La Cina minaccia d’intervenire militarmente, gli Stati Uniti appoggiano le proteste. Una decina di giorni fa le elezioni distrettuali segnano una batosta per le forze filo cinesi: 17 consigli su 18 sono assegnati ai democratici. Ma la governatrice resta in sella.

Impeachment per Trump

“È in gioco la nostra democrazia. In America nessuno è sopra la legge. Il presidente non ci lascia altra scelta, perché sta tentando di corrompere nuovamente le elezioni a suo vantaggio“. Giovedì scorso la speaker della Camera, la dem Nancy Pelosi, ha dato il via libera alla procedura di impeachment contro l’inquilino della Casa Bianca, Donald Trump. La messa in stato d’accusa del presidente, che potrebbe concludersi con la sua destituzione, ha sullo sfondo il cosiddetto Ucrainagate. A detta dei democratici, maggioranza alla Camera ma non al Senato (per il buon esito dell’iter entrambi i rami del Parlamento devono votare contro Trump), il tycoon avrebbe fatto pressioni su Kiev, perché indagasse sul suo rivale alle presidenziali Joe Biden e il figlio Hunter che sedeva nel board di una società energetica ucraina. 

Imperatore del Giappone

Non accadeva da duecento anni che un imperatore giapponese abdicasse. Ci voleva Akihito, 83 anni, malato da tempo, per invertire la rotta dopo un dominio lungo tre decenni. Ad aprile ha ceduto il testimone al 59enne Naruhito, suo primogenito. Akihito è stato un imperatore molto popolare fra i sudditi. Merito della sua capacità di farsi prossimo alla popolazione nei momenti più devastanti della sua storia recente, vedesi lo Tsunami del 2011.

Archie, il figlio di Meghan Markle e Harry

Ancora un fiocco azzurro a Buckingham Palace. L’ultimo arrivato è il piccolo Archie, nato il 6 maggio. Primogenito di Harry e Meghan, è settimo nella linea di successione alla bisnonna, l’inossidabile regina Elisabetta II, dopo suo nonno paterno Carlo, suo zio William, i suoi tre cugini e il padre. A quattro mesi ha portato a termine il suo primo impegno ’ufficiale’: in braccio alla mamma, lo sguardo vispo di chi sa che cosa vuole, ha fatto visita in Sud Africa all’arcivescovo anglicano, Desmond Tutu.

Terrorismo, il London Bridge

Sembrava che l’Europa avesse finito di pagare il suo tributo di sangue ai tagliagole jihadisti. E, invece, il 29 novembre scorso, undici mesi dopo la strage di Strasburgo, l’Isis è tornata a colpire. Ancora a Londra, ancora sul London Bridge, già finito nel mirino dei terroristi nel 2017. Due le vittime dell’attacco (oltre all’attentatore), ma il bilancio finale poteva essere ben più pesante se alcuni passanti non fossero riusciti a bloccare a terra, prima dell’arrivo degli agenti che poi l’hanno freddato, il killer, Usman Khan. L’uomo, che si trovava in libertà vigilata, è entrato in azione a margine di un corso per il reinserimento sociale degli ex detenuti al quale stava partecipando. Le autorità britanniche restano caute comunque sull’attendibilità della rivendicazione dell’Isis. Khan era considerato vicino ad Al Qaeda e, particolare alquanto inquietante, professava simpatie naziste.

Attentato a Christchurch

Non era certo un seguace di Allah il nazista Brenton Tarrant, 28 anni, australiano e autore a marzo della doppia sparatoria in una moschea e in un centro islamico a Christchurch, in Nuova Zelanda. Armato di un paio di pistole semiautomatiche e due fucili, l’estremista ha fatto fuoco all’impazzata, filmando tutto in diretta social. Ha ucciso 51 persone, fedeli musulmani di età compresa fra due e 71 anni. A ottobre, l’orrore nazista si è materializzato di nuovo, stavolta in Germania. Attaccata una sinagoga, due le vittime. Anders Breivik, l’omicida di Utoya nel 2011, ha trovato altri emuli hitleriani.