Venerdì 19 Aprile 2024

"Non mangiate o bevete coi russi". Da Nerone in poi il veleno come arma

I sintomi accusati da Abramovich e i timori di Kiev. In passato è stato lo strumento ideale per eliminare i nemici

Abramovich ai negoziati di Istanbul

Abramovich ai negoziati di Istanbul

Agli inizi del I secolo dopo Cristo, lo storico Tito Livio riferisce un episodio che avrebbe avuto luogo nel 331 avanti Cristo, anno in cui molti personaggi di alto rango morirono misteriosamente; non si riusciva a venire a capo della ragione dei decessi fino a quando una schiava cominciò a parlare denunciando alcune matrone, nella cui case in effetti furono rinvenuti veleni. Alcune fra loro dichiararono che si trattava di medicamenti ma, costrette a berli, ne morirono; il processo che seguì lo scandalo condusse alla condanna a morte di 170 donne. Lo stesso Tito Livio si dice incerto se credere o meno a questa antica storia, ma comunque sia andata, mette in evidenza un dato certo: il mondo antico ha sviluppato un vero e proprio terrore per gli avvelenamenti.

Il veleno può essere composto di sostanze semplici che inducono la morte, come quello che oggi si ritiene abbia assunto Cleopatra; la tradizione vuole infatti che si sia suicidata con il morso di un cobra, ma negli ultimi anni questa idea è stata messa in dubbio, perché si sarebbe trattato di una morte particolarmente crudele e dolorosa. Più probabile che sia ricorsa a un cocktail fatto di oppio, cicuta e aconito, nel quale il primo ha un effetto sedativo, il secondo paralizzante, il terzo propriamente tossico; akòniton in greco significa infatti "pianta velenosa" e la Medea del mito narrato da Ovidio si serve dell’aconito, ma per aggravare il quadro lo dice proveniente dalla Scizia, dove nasce dalla bava del cane mostruoso figlio di Echidna (che aveva corpo di donna e coda di serpente).

E in effetti, spesso l’avvelenamento ha uno stretto rapporto con la dimensione magica del maleficio; non per niente le fonti latine usano spesso indistintamente le parole veneficium e maleficium, quasi indichino la stessa cosa: la capacità di nuocere attraverso mezzi occulti. Gli antropologi hanno trovato vari gradi di associazione tra stregoneria e veleno in Oceania, Africa e nelle Americhe; in alcuni casi, gli stregoni usano agenti chimicamente attivi in connessione con rituali magici attribuendo il potere del veleno almeno tanto alla magia quanto alle proprietà intrinseche della sostanza.

Si tratta perciò di un legame profondo che percorre la storia dell’umanità. La Medea di Seneca, assai più orrorifica delle precedenti, non si accontenta di un’erba per quanto terribile; invece, "coglie erbe mortifere e spreme la bava dei serpenti, e mescola anche osceni uccelli: il cuore del gufo portatore di tristezza e le viscere della rauca strige strappate a lei ancor viva".

Naturalmente, lì dove la letteratura non vuole spingere sull’aspetto malvagio del veleno, questi elementi scompaiono e la pozione si fa eterea, neppure descritta nei dettagli; è il caso del Romeo e Giulietta di Shakespeare, nel quale il veleno assunto dalla ragazza è metafora dell’odio che avvelena i rapporti umani, più simbolico che reale.

Anche nella realtà, però, quando il veleno non deve offrire spunti teatrali come per Medea, è bene che resti nascosto. In fondo, l’avvelenatrice perfetta, perché perfetto è il suo delitto, si avvicina piuttosto alla matrigna di Biancaneve, che con una semplice mezza mela avvelenata sprofonda la sua vittima in uno stato di quasi-morte.

Nell’affare dei veleni, caso giudiziario e politico del tardo Seicento, fu l’acqua tofana (composta di acqua, anidride arseniosa, limatura di piombo, limatura di antimonio e succo di bacche di belladonna), incolore, inodore e insapore, il veleno prescelto. Stessa cosa per l’avvelenamento dei capi politici o degli stessi papi, anche questo risalente all’antichità; per uccidere suo fratello, Nerone dovette ricorrere a un escamotage per "saltare" gli assaggiatori, che sono dunque presenza comune e costante presso tutte le tavole dei potenti. Si dice che papa Bergoglio, che certo non ha assaggiatori, preferisca mangiare alla mensa comune di Santa Marta anche per evitare avvelenamenti. Sulla morte di papa Luciani, d’altro canto, si continua ancora a discutere.