La Turchia assicura: il vertice di Istanbul non è stato un fallimento. Ma a leggere le indiscrezioni che arrivano dal memorandum russo, non solo non si tratta di un successo, ma sfiora la presa in giro. Mosca rimane ferma sulle sue posizioni: disarmo dell’Ucraina, riconoscimento dei territori conquistati, nessuna richiesta di danni e pace "solo dopo che in Ucraina si saranno tenute le elezioni". La conclusione del conflitto, insomma, è ancora lontana. Le due delegazioni, forse, si ritroveranno a fine mese, mentre un incontro diretto fra il presidente russo, Vladimir Putin, e quello ucraino, Volodymyr Zelensky, non è ancora in programma.

Pochi risultati
Per il momento, c’è solo lo scambio dei memorandum e l’impegno a rivedersi, forse entro fine mese. "Abbiamo dato alla Russia i nostri documenti nei giorni scorsi – ha spiegato il ministro della Difesa ucraino, Rustem Umerov –. I russi ci hanno dato i loro solo oggi, li dobbiamo esaminare". Di certo, in poco più di un’ora non possono essersi detti molto. Sul tavolo c’è un importante scambio di prigionieri, ancora più consistente di quello dello scorso 16 maggio, quando si decise di riconsegnare 1.000 militari a testa. E poi c’è il nodo, enorme, dei bambini rapiti dalla Russia: Mosca contesta la definizione di rapimento e sostiene che si tratta di bambini "salvati dai soldati a costo della loro stessa vita" e che verranno restituiti all’Ucraina solo se i genitori andranno a riprenderli. Di certo, come ha detto Umerov, senza un accordo fra leader non si risolverà nulla.
Mosca in difficoltà
La Russia tace, tanto più che si trova ancora sotto choc per il poderoso attacco alle sue basi militari messo a segno dall’Ucraina domenica, che avrebbe causato sette miliardi di danni e almeno 40 cacciabombardieri distrutti. Le ambasciate di tutto il mondo, inclusa quella in Italia, si sono affrettate a smentire, dicendo che l’attacco non ha prodotto quanto affermato dalle fonti ucraine. Ma i volti dei membri della delegazione russa ieri erano particolarmente scuri e, soprattutto, sempre ieri, il segretario di Stato americano Marco Rubio ha confermato di aver parlato con l’omologo russo, Lavrov, "su richiesta della Russia".
Il pressing di Zelensky
Chi ha molta voglia di parlare è il leader ucraino, che ieri ha partecipato al vertice Nato di Vilnius e ha lodato personalmente Vasyl Maliuk, capo dei servizi di sicurezza di Kiev e “mente” dell’attacco in territorio russo, definendolo "l’operazione più a lungo raggio" e un "risultato estremamente brillante, raggiunto solo dall’Ucraina". Zelensky ha poi ribadito la necessità di un cessate il fuoco incondizionato e che "non vengano date ricompense a Putin", sottolineando che "la Russia sta giocando" e che bisogna fare pressione sul leader del Cremlino. Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha offerto la propria disponibilità a organizzare un incontro fra i due leader, benedetto anche dalla Casa Bianca. "Sono pronto a incontrare Putin e Zelensky in Turchia", ha detto Donald Trump. Ma se da parte ucraina la disponibilità è immediata, da quella russa non sono arrivati cenni in proposito.
Londra pronta alla guerra
E intanto c’è chi si prepara allo scenario peggiore. Il premier inglese Keir Starmer ha formalizzato la revisione della strategia militare del Regno Unito per assicurare che il Paese sia pronto in caso di un ipotetico conflitto con la Russia, ribadendo il sostegno assoluto all’Ucraina e il suo diritto a difendersi. Londra ha messo in cantiere la costruzione di 12 nuovi sottomarini a propulsione atomica, investimenti miliardari in munizioni e un comando per il coordinamento di cyberattacchi contro Russia e Cina. Ci sono poi altri 15 miliardi destinati alla modernizzazione dell’arsenale nucleare tramite la creazione di un programma nazionale di assemblaggio di testate missilistiche.