Le tensioni tra Turchia e Svezia, il Corano bruciato e i negoziati Nato in salita

La manifestazione davanti all'ambasciata turca ha ulteriormente inasprito il conflitto tra Ankara e Stoccolma, facendo saltare il trilaterale previsto per febbraio

Roma, 25 gennaio 2023 - Sono sempre più in salita i negoziati tra Turchia, Svezia e Finlandia sull'adesione alla Nato. Le emittenti di stato russa e turca ieri parlavano di colloqui "rinviati a tempo indeterminato" su richiesta di Ankara. Quella copia del Corano bruciata davanti all'ambasciata turca a Stoccolma ha mandato in fumo anche le prospettive di dialogo con Erdogan, l'unico (grosso) ostacolo all'ingresso dei due paesi nell'Alleanza atlantica. 

Recep Tayyip Erdogan (Ansa)
Recep Tayyip Erdogan (Ansa)

L''incidente' è successo durante una manifestazione del partito di estrema destra Stram Kurs, guidato dall'attivista anti-islam Rasmus Paludan. Non si tratta, tuttavia, di un gesto impulsivo: il leader estremista aveva preannunciato il rogo del Corano già il giorno prima. Nonostante le ripetute richieste di Ankara di bloccare la dimostrazione, le autorità svedesi l'hanno autorizzata in nome della libertà di espressione. E l'ira della Turchia non è mancata: "Bruciare il Corano è un crimine di odio e contro l'umanità. Chi insulta i valori sacri non si aspetti sostegno per entrare nella Nato", ha detto Ibrahim Kalin, portavoce e stretto consigliere del presidente Recep Tayyip Erdogan. 

Il rapporto fra Svezia e Turchia già prima era piuttosto fragile. L'origine del conflitto risale al fatto che Stoccolma (così come Helsinki) garantisce asilo ai membri del partito separatista curdo Pkk, considerato un'organizzazione terroristica da Ankara. Infatti, Erdogan ha subito stabilito due condizioni per ottenere il suo sì all'adesione: l'estradizione dei "terroristi" curdi e l'eliminazione dell'embargo sull'export di armi alla Turchia. E inizialmente i due paesi scandinavi si dimostravano aperti al dialogo. Con un protocollo siglato lo scorso giugno, si sono impegnati a vietare manifestazioni e raccolte fondi a sostegno del Pkk ed estradare i soggetti di cui Ankara chiede la consegna. Ma il mantenimento di queste 'promesse' si è rivelato più difficile del previsto. La situazione si è complicata lo scorso 11 gennaio, a causa di una manifestazione a favore dei separatisti curdi, in cui è stato appeso a testa in giù un manichino del presidente turco. Una dimostrazione che aveva portato a una prima convocazione dell'ambasciatore svedese in Turchia. È in questo contesto, poi, che le autorità svedesi hanno deciso di autorizzare il raduno di Paludan, sapendo bene che con ogni probabilità avrebbe danneggiato i rapporti con il paese del Mediterraneo orientale. 

Con il governo di Helsinki, intanto, non sembrano esserci particolari ostacoli. Lo aveva confermato il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu. "Con la Finlandia non ci sono problemi, per la Svezia la strada è invece molto lunga", aveva detto il capo della diplomazia di Ankara la scorsa settimana. Il ministro degli Esteri finlandese, Pekka Haavisto, ha dichiarato in un'intervista che Helsinki potrebbe andare avanti nel processo di adesione anche senza il suo 'vicino'. Un cambiamento a 180 gradi dalla posizione precedente, in cui la Finlandia e la Svezia erano unite in questa loro aspirazione, essendo i due paesi legati storicamente e con una lunga tradizione di piena collaborazione di difesa.