"Quello di Erdogan non è un no. È un’altra cosa: è l’inizio di una trattativa. È un modo per avviare un negoziato attraverso il quale ottenere quello che cerca da tempo: la fine dell’embargo di tecnologia militare da parte di Usa, Svezia e Finlandia, e la fine della libertà d’azione o dell’ospitalità nei Paesi scandinavi di gruppi considerati terroristi vicini al Pkk e di membri della comunità religiosa di Fethullah Gulen e di formazioni dell’estrema sinistra". Mariano Giustino, corrispondente di Radio Radicale dalla Turchia e studioso della politica e della società di quel Paese, dà una lettura ben più articolata del presunto veto del Rais all’ingresso di Finlandia e Svezia nella Nato. E, del resto, non a caso, appena qualche ora dopo le parole del presidente turco arriva la conferma che il tavolo del confronto si aprirà fin da oggi a Berlino tra il ministro degli Esteri di Ankara e quelli di Stoccolma e di Helsinki, mentre dal Dipartimento di Stato si fa sapere che l’argomento sarà discusso anche con i rappresentanti americani. Guerra in Ucraina, Putin taglia la corrente alla Finlandia. Dunque, quello di Erdogan è solo un avviso ai naviganti: nessuna adesione senza che siano soddisfatte anche la nostre richieste? "Erdogan ha detto: ’Stiamo seguendo gli sviluppi sulla Svezia e la Finlandia, ma non abbiamo una opinione positiva, perché hanno fatto un errore nella Nato riguardo la Grecia’, aggiungendo che ’i Paesi scandinavi danno ospitalità alle organizzazioni terroristiche’. Come si comprende, non è un no assoluto. In sostanza, dice: volete il nostro voto, che è indispensabile perché possano aderire i due Paesi, ebbene, per averlo, dobbiamo affrontare altre partite che ci riguardano direttamente". Scendiamo nel concreto: che cosa vuole il Rais? "La Turchia sta cercando di recuperare i rapporti e la reputazione con gli Stati Uniti e Unione ...
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