Mercoledì 24 Aprile 2024

Nanga Parbat, com'è finita per gli alpinisti bloccati. L'impresa dei soccorritori-eroi

La gioia per Elisabeth Revol e lo strazio per Tomek Mackiewicz: le emozioni più intense si mescolano insieme

Elisabeth Revol e Tomek Mackiewicz su Facebook

Elisabeth Revol e Tomek Mackiewicz su Facebook

Islamabad, 28 gennaio 2018 - La gioia per aver riportato alla vita Elisabeth Revol e lo strazio per Tomek Mackiewicz, rimasto lassù da qualche parte nel gelo della montagna che ha amato più di ogni cosa. Come succede nelle vicende alpinistiche le emozioni più intense si mescolano insieme e così accade nel dramma che si è vissuto in queste ore, in questi giorni, sul Nanga Parbat, cima pakistana di 8.125 metri, dove è stata portata a termine una delle più incredibili operazioni di soccorso della storia dell'alpinismo i cui protagonisti sono tre fortissimi scalatori polacchi e un russo che hanno dimostrato un grande coraggio e soprattutto cuore. Elisabeth Revol è l’alpinista francese di 37 anni che è stata finalmente portata in salvo dopo 12 giorni trascorsi sulla montagna che aveva scalato con il polacco Tomek Mackiewicz. Una cordata affiatata la loro. Avevano tentato tante volte la salita invernale del Nanga Parbat negli anni scorsi. Dopo giorni di lotta serrata lungo la via Kinshofer, dopo una prima rinuncia e la decisione di restare in quota per un nuovo tentativo, erano riusciti ad arrivare vicini alla cima. Le comunicazioni arrivavano a rilento, dei due si erano perse le tracce. Le cose si erano già messe male. Tomek aveva iniziato ad accusare malore e soprattutto problemi alla vista. Insieme, faticosamente, erano riusciti a tornare all’ultimo campo, oltre i settemila metri ma la situazione era ormai precipitata. Tomek non era più in grado di proseguire.

Chi sono Elisabeth Revol e Tomek Mckiewicz

Elisabeth Revol aveva comunicato di aver raggiunto la cima dopo ore durante le quali si attendeva di capire se fossero in grado di scendere. La stessa francese aveva iniziato poi ad avere problemi di congelamento. Non beveva e mangiava da giorni. Ma aveva deciso di proseguire verso i campi più bassi. Poi le batterie del suo telefono satellitare si erano scaricate. Sul Nanga Parbat erano soli e sembrava che nessuno potesse andarli ad aiutare. Ma è in quel momento che è stato progettato l’impensabile: un’operazione di soccorso su una montagna di ottomila metri in pieno inverno. Si sono messi immediatamente a disposizione Denis Urubko, Adam Bielecki, Piotr Tomala e Jrosalw Botor: gli alpinisti della spedizione polacca impegnati nel tentativo di prima invernale sul K2, che si trova più a Nord. Nonostante il tempo incerto sono stati prelevati con due elicotteri e portati ai piedi del Nanga Parbat. Di notte, in pieno inverno e su una via di salita abbastanza pericolosa sono riusciti in qualcosa di incredibile. In meno di dieci ore Urubko e Bielecki hanno scalato i 1.300 metri che li separavano da Elisabeth. Prima di raggiungerla hanno dovuto superare un complicato muro di roccia a seimila metri. Nel frattempo Tomala e Botor attendevano più in basso. Nella serata di ieri è arrivata la comunicazione che tutti aspettavano: "L’abbiamo trovata". Erano a 6.100 metri. A quel punto hanno deciso di riposare qualche ora per poi riprendere l’operazione di soccorso e scendere. Per Tomek nessuna speranza. Impossibile raggiungerlo oltre i settemila metri. Hanno aspettato l’alba, Urubko e Bielecki hanno aiutato Elisabeth a scendere faticosamente. Poi l’annuncio che erano riusciti ad arrivare fino a campo 1, cinquemila metri, e un elicottero lì sarebbe riuscito a prelevarla. Poi poco fa l’arrivo al campo base dove potrà essere prelevata e finalmente curata.