Miliardi per le moschee, l'islam conquista l'Europa

Qatar, Arabia Saudita e Turchia investono sugli imam delle città nel mirino dei jihadisti. I nuovi business di Romania e Albania

Una moschea

Una moschea

Roma, 24 agosto 2017 - Un fiume di denaro sta riversandosi più o meno silenziosamente in Europa per sostenere la diffusione della cultura e degli interessi islamici o di Paesi islamici. Una islamizzazione «bianca». In forma diretta, e basti pensare all’aumento degli investimenti di nazioni come il Qatar che di recente si è comprato squadre di calcio, alberghi extralusso, compagnie aeree, griffe di altissima moda e non solo; e in forma indiretta, ossia con il finanziamento di moschee, centri islamici, giornali, tv e tutti i mezzi in grado di influenzare l’opinione pubblica «occidentale». Una grande operazione che si sta dipanando, di cui l’Europa rappresenta il campo di battaglia e che oltre a motivazioni religiose/filosofiche e culturali nasconde sostanziosi interessi economici e soprattutto geopolitici. Tanto per comprendere di che cosa stiamo parlando: i finanziamenti che per esempio la Turchia e l’Iran hanno concesso a centri islamici in Bosnia nei primi anni Duemila hanno poi rivestito un ruolo fondamentale nella rinascita della Bosnia e nella scelta dei partners economici per il neonato stato balcanico. Ma è solo un caso tra i tanti.

DIFFICILE quantificare la reale massa di denaro in gioco – miliardi di euro – più facile definire i player in partita. In prima linea nei contributi a moschee in Svizzera, Italia, Francia, Romania, Belgio, Germania, Albania e in altri Paesi europei ci sono Qatar, Turchia, Arabia Saudita. Il Qatar elargisce soldi attraverso la Qatar Charity Foundation, una Ong governativa molto attiva e imbottita di petroldollari. Nella primavera dello scorso anno fece scalpore il tour italiano del capo della Qatar Charity Foundation, Hamad Bin Nasser Al Thani, che inaugurò una serie di strutture nel centro Italia. Emblematica l’istantanea scattata a Mirandola, nel modenese, con il potente sceicco che taglia il nastro del nuovo centro di preghiera islamico danneggiato dal terremoto del 2012 e ristrutturato con un contributo qatariota di oltre 500mila euro, completamente rimesso a nuovo al contrario della vicina chiesa parrocchiale le cui macerie erano ancora ammassate da una parte. Un segno dei tempi. Il tour italiano di Al Thani era solo la punta di diamante dell’impegno finanziario della agguerrita monarchia wahabita: l’Ucoii ha ammesso l’esistenza di questa sorta di piano Marshall islamico della QCF parlando di un finziamento di 25 milioni di euro per tre anni, destinati alla costruzione in Italia di 43 centri islamici. Importante sforzo del Qatar anche in Sicilia: dal 2013 sono stati investiti 2,3 milioni di euro per quattro strutture, mentre sempre nel 2013 la QCF annunciava l’impiego di 4,25 milioni di euro per altre 14 comunità islamiche. La moschea di Ravenna, per esempio, quella di Roma quella di Colle Vald’Elsa o quella progettata di Milano sono tra i diretti destinatari della «beneficenza» wahabita. Soldi qatarioti anche a università francesi o inglesi.

Sempre l’emirato di Doha vuole costruire in Spagna la più grande moschea del Paese, a Barcellona, proprio alla Sagrada Familia, o in Tagikistan dove con 400 milioni di dollari le moschee più grandi dell’ex Unione Sovietica. Attivissima anche la Turchia, che sta finanziando 35 centri centri islamici in Svizzera e la più grande moschea in una capitale europea, quella di Bucarest. La stessa Turchia elargisce fondi anche a centri e moschee in Italia, con il non celato intento di creare consenso intorno all’ipotersi di ingresso di Ankara nella Ue.

​MOSCHEE ma non solo. Importante il ruolo dei centri culturali islamici. Che ovviamente non hanno tutti la stessa impronta culturale, e che riflettono le divisioni sostanziali esistenti nel mondo musulmano. Degni di nota gli investimenti di alcuni Paesi islamici in nazioni europee. Uno di questi l’Albania (i sunniti sono al 56%) dove fondazioni vicine al governo del Kuwait hanno foraggiato istituzioni culturali islamiche rivelatesi poi significative quando si è trattato di far uscire il Paese delle Aquile dalla fase di laicizzazione imposta dal regime di Enwer Hoxha. Le associazioni culturali islamiche hanno solide basi anche nel nostro Paese, tutte con riferimenti a Stati stranieri. L’Ucoii, dicevamo, ha rapporti coi Fratelli Musulmani, a loro volta finanziati dal Qatar e dalle monarchie wahabite ossia con le correnti più radicali ed estremiste. L’Ucoii ha chiarito ma mai smentito i propri rapporti con i FM.

ALTRA importante presenza è quella della Lega musulmana mondiale, vicina agli interessi dell’Arabia Saudita, ricca e influente, non solo in Italia: investimenti e finanziamenti in Svizzera e in Francia. Molto attivo anche il Marocco, d’altra parte la comunità marocchina è la più numerosa in Italia, che però tende a un islam molto più moderato (recentemente il Marocco ha abolito la pena di morte per apostasia e proibito il burqa). E proprio per marcare le differenze con le rigide monarchie wahabite, il Marocco ha deciso di sostenere diverse moschee indipendenti in Italia attraverso le Missione culturale dell’Ambasciata del Marocco a Roma.

(1. continua)