Parigi, 20 dicembre 2022 - C’è chi è morto cadendo da una finestra del sesto piano dell’ospedale. Chi si è sparato un colpo in testa mentre faceva il bagno in piscina. Chi si è impiccato nel garage. Chi è rimasto vittima di una crisi cardiaca dopo l’iniezione di una dose di veleno. Tutti russi. Tutti miliardari, deceduti in circostanze misteriose. Sono già dieci, da quando è iniziata la guerra di Putin contro l’Ucraina, gli oligarchi che secondo le fonti ufficiali del Cremlino si sono "suicidati" e che secondo i media occidentali sono stati "eliminati". Un morto al giorno. Una serie nera avvolta nel mistero in cui si muovono le ombre del Fsb, i servizi di sicurezza russi che hanno preso il posto del Kgb.
L’ultimo caso è quello di Dmitry Zelenov, 52 anni, magnate dell’immobiliare al quale il settimanale Forbes attribuisce una fortuna personale di un miliardo e mezzo di dollari. Secondo l’agenzia di stampa russa Baza, nota per i suoi stretti legami col Cremlino, Zelenov sarebbe morto a causa di una caduta accidentale dalle scale mentre si trovava ad Antibes, in Costa Azzurra. Il decesso, confermato dalla procura di Grasse, è avvenuto il 9 dicembre scorso ma è stato rivelato solo ieri. Secondo le prime informazioni raccolte dal procuratore Damien Savarzeix, che ha avviato un’inchiesta, l’oligarca aveva trascorso la serata a casa di amici francesi. Poco dopo mezzanotte, dopo aver salutato gli ospiti, sarebbe stato colto da un malore mentre scendeva le scale: questa la versione diffusa dell’agenzia Baza, che parla di "problemi cardiaci". Sta di fatto che Zelenov ha sbattuto violentemente la testa contro un parapetto ed è entrato in coma; trasportato all’ospedale Pasteur di Nizza, è morto la mattina successiva. In Francia era un personaggio noto: dieci anni fa aveva scelto l’elegante stazione turistica invernale di Courchevel per impiantare la sede della sua società Don-Stroy, specializzata nella costruzione di hotel e residence esclusivi. A Mosca era stato lui a erigere nel 2006 il colossale Triumph Palace, 57 piani, 264 metri di altezza, mille appartamenti di gran lusso. Descritto come uno dei giovani lupi del milieu moscovita degli affari, aveva goduto a lungo dei favori del regime: ma negli ultimi tempi le sue posizioni critiche sull’invasione dell’Ucraina gli avevano alienato la simpatia del Cremlino.
La sua morte improvvisa, in circostanze poco chiare – come dice la procura –, apre nuovi interrogativi sul lungo elenco di scomparse sospette di oligarchi russi. La serie nera è iniziata nel febbraio scorso con la morte a San Pietroburgo di Leonid Schulman, dirigente del colosso del gas Gazprom, annegato nella vasca da bagno. Pochi giorni dopo toccò al direttore finanziario Alexander Tiulakov, morto impiccato nel garage. Quindi al vicepresidente dell’azienda, Sergey Protosenya, che si trovava in vacanza con la famiglia in Spagna sulla Costa Brava: la polizia lo trovò con la corda al collo accanto ai cadaveri della moglie e della figlia, massacrate a colpi di accetta. Zelenov, la decima vittima, rappresenta da ieri il decimo mistero della moria degli oligarchi. Nel frattempo, il Canada ha annunciato l’avvio di un processo per il sequestro di 26 milioni di dollari di beni sanzionati a una società dell’oligarca russo Roman Abramovich.