Sabato 12 Luglio 2025
REDAZIONE ESTERI

Eseguita la condanna a morte del ‘killer di Twitter’: prima volta dal 2022 in Giappone. Ecco chi era Shiraishi

Il 34enne è stato impiccato, secondo quanto previsto dalla legge del 2022. Agganciava sul social le giovani vittime con manie suicide e poi le uccideva nel suo appartamento di Tokyo. Nove i corpi smembrati trovati nel congelatore di casa

Takahiro Shiraishi, il killer di Twitter

Takahiro Shiraishi, il killer di Twitter

Tokyo, 27 giugno 2025 – È stato giustiziato in Giappone il “killer di Twitter”, l’uomo condannato a morte nel 2020 per l'omicidio di nove persone. Una storia dai contorni horror quella del 34enne Takahiro Shiraishi, accusato di avere agganciato sul noto social network (che oggi si chiama X) alcuni utenti che discutevano di piani suicidi, dicendo loro che poteva aiutarli e persino morire al loro fianco. Attirava le vittime – quasi tutte donne – nel proprio appartamento di Tokyo, dove le uccideva e ne smembrava i corpi, nascondendoli nel congelatore. 

È la prima volta che la pena di morte viene applicata in Giappone dal luglio 2022. Lo hanno annunciato venerdì l'emittente pubblica NHK e altri due organi di stampa nazionali. Ma il Ministero della Giustizia, contattato dall'Afp, ha rifiutato di confermare la notizia.

Chi era il ‘killer di Twitter’: i 9 feroci omicidi

Secondo i media locali, il detenuto giustiziato è Takahiro Shiraishi, 34 anni, condannato alla fine del 2020 per l'omicidio di nove persone nel 2017. L'uomo aveva preso di mira degli utenti di Internet che discutevano di piani suicidi online, dicendo loro che poteva aiutarli e persino morire al loro fianco. Shiraishi ha ammesso di aver ucciso e massacrato le sue giovani vittime, tutte donne tranne una.

L’emittente televisiva NHK ha riferito che il killer attirava le vittime nel suo appartamento vicino a Tokyo, dove le uccideva. Ha sostenuto di essersi offerto di aiutarle a morire, prima di nascondere i pezzi dei corpi nelle celle frigorifere del suo piccolo appartamento, secondo quanto riportato dai media.

La condanna a morte per impiccagione 

Durante il processo, i suoi avvocati hanno chiesto l'ergastolo, sostenendo che le sue vittime – di età compresa tra 15 e 26 anni – avevano espresso pensieri suicidi sui social media e quindi acconsentito alla loro morte. La Corte ha respinto questa argomentazione, stabilendo che il caso aveva "causato grande ansia nella società a causa della diffusione dei social media", e lo ha condannato a morte per impiccagione, l'unico metodo utilizzato in Giappone per la pena capitale. L'uomo si era rifiutato di presentare ricorso.