Giovedì 18 Aprile 2024

Tripoli, il generale Cavicchioli: "Haftar? Preoccupazione, ma non tensione"

Il comandante della missione italiana in Libia: "La città è considerata ben protetta"

il generale Alessio Cavicchioli

il generale Alessio Cavicchioli

Tripoli, 12 settembre 2019 - Una nave entra un'altra esce dal porto sullo sfondo del mare azzurro e calmo. Sulle banchine un movimento di veicoli, come succede normalmente nei terminal marittimi. Tira vento e il sole è abbagliante. Tripoli è una città dove gli echi di guerra sembrano lontani anche se a fasi alterne le truppe del generale Haftar bombardano l'aeroporto di Mitiga, a meno di dieci chilometri di distanza. Le immagini giungono via skype dietro le spalle del comandante della missione italiana in Libia, generale Alessio Cavicchioli, che ha assunto l'incarico dopo aver comandato tre anni il Reggimento Alpini paracadutisti ranger, una delle nostre forze speciali.

L'offensiva del generale Haftar mette in pericolo la situazione di Tripoli?

"Per ora no. La percezione che abbiamo qui nella capitale è di stabilità. C'è preoccupazione, ma non tensione perchè la città è considerata ben protetta. Basta andare al mercato del pesce, uno dei più importanti della Libia, per osservare che i cittadini vivono normalmente, negozi e banche sono frequentati".

Rischi per la nostra ambasciata, l'unica rimasta da quelle parti?

"Per ora non ne vediamo. E sinceramente nel conflitto fra le due fazioni libiche non abbiamo motivo di considerare l'ambasciata italiana fra i gli obiettivi. Tuttavia abbiamo alzato il livello di catutela. Le operazioni belliche si svolgono a diversi chilometri da Tripoli. Noi comunque dialoghiamo costantemente con il personale dell'ambasciata".

Il comando italiano che compiti ha oltre alla sicurezza?

"Teniamo i rapporti con le istituzioni governative con compiti di orientamento e collaborazione. Ci confrontiamo con il Ministero della Difesa libico e con i capi di Stato maggiore di Esercito, Marina e Aeronautica. Le nostre analisi, vista la situazione piuttosto fluida, vengono riferite al Ministero della difesa italiano".

Le regole d'ingaggio della missione possono cambiare?

"Certo, ma la missione dipende dalla politica, quindi dalle scelte del governo. Nel processo decisionale ovviamente viene tenuto conto anche delle nostre valutazioni".

Addestrate anche le forze armate libiche?

"Siamo in grado di rispondere a 360 gradi ad ogni esigenza formativa che ci viene richiesta. Forniamo competenze per l'addestramento sul controllo delle aree navali, per le operazioni antisommossa, abbiamo esperti di esplosivi, unità cinofile, un nucleo di carabinieri, formiamo i comandanti di plotone e sul lungo periodo anche gli ufficiali, alcuni dei quali completano il corso in Italia".

Quali sono le forze della missione italiana?

"Abbiamo a disposizione circa 300 militari, fra cui 9 donne, più di 100 automezzi militari e una nave, il Caprera, ormeggiata nel porto di Tripoli. I nostri uomini provengono da 55 reparti diversi per coprire il maggior numero di specialità. Quasi tutto il Comando di Tripoli proviene dal Quarto Reggimento alpini paracadutisti ranger mentre il grosso delle unità a Misurata dal Settimo Reggimento bersaglieri che da Ferragosto è sostituito dal Savoia cavalleria. Ovviamente non si tratta di una forza con finalità offensive. E gestiamo l'ospedale militare di Misurata".

A cosa serve nave Caprera?

"Svolge una attività di tipo logistico in supporto alla Marina libica e non fa servizio in mare. Le attività di controllo, compresi i movimenti dei migranti, sono di competenza delle motovedette di Tripoli".

Come funziona l'ospedale di Misurata?

"Lì mettiamo a disposizione 90 fra uomini e donne, tra cui medici ed infermieri militari specializzati per coprire diversi settori: ortopedia, cardiologia, chirurgia maxillo facciale, fisiatria, urologia e altro. Si lavora in collaborazione con personale sanitario libico e della Croce rossa italiana per assistenze sanitarie specialistiche e all’occorrenza ponte sanitario su eccellenze in Italia. La sicurezza è affidata ai nostri militari".

Chi usufruisce del servizio sanitario?

"Fu concepito inizialmente nel 2016 per assistere i feriti delle milizie di Misurata che combattevano contro l'Isis a Sirte. Nel tempo è stato trasformato in polo sanitario dedicato ai civili. Normalmente è il Misurata Medical center che indirizza a noi le persone che hanno necessità di assistenza con visite e cure specialistiche. Fino ad oggi sono stati registrati oltre 17mila interventi".

Sul fronte del controllo dei migranti come vi ponete?

"Siamo in uno uno stato sovrano e quindi non possiamo prendere parte alle operazioni che spettano alla Guardia costiera libica. Assistiamo i loro militari attraverso la formazione per far sì che i controlli siano più efficaci"