Martedì 16 Aprile 2024

Minneapolis, Teodori: "L'odio razziale cova nel cuore del Paese"

L'americanista: "Proteste che si ripetono ciclicamente, poche differenze con quelle che si sono susseguite a partire dagli anni '50"

Usa, gli scontri tra polizia e manifestanti (Ansa)

Gli scontri tra la polizia e alcuni manifestanti a New York. Ci sono stati 200 arresti

Roma, 31 maggio 2020 - "Lo scontro razziale è endemico alla società statunitense". Per l’americanista Massimo Teodori le violenze di Minneapolis non sono molto diverse rispetto a quelle del passato.

Perché negli Usa ciclicamente accadono episodi del genere?

"La questione razziale ha profonde radici storiche. È un fiume carsico che riemerge quando le condizioni generali creano un clima che non ostacola nettamente i gruppi razzisti o i comportamenti discriminatori nei confronti delle minoranze".

Che differenze ci sono rispetto alle proteste del passato?

"Poche. Basta ricordare – spiega l’autore de ’Il genio americano’, da pochi giorni nelle librerie – cosa successe negli anni Cinquanta con la rivolta dei ghetti. L’elemento di scontro razziale è da sempre presente. Non è maggioritario o prominente, ma cova sotto la brace".

Trump come sta affrontando il problema?

"Il presidente non è stato deciso e duro nei confronti dei gruppetti razzisti che, specialmente al Sud, si sono manifestati con violenza. Anzi, ha spesso usato toni offensivi nei confronti delle minoranze di colore, un comportamento che può aver incoraggiato un atteggiamento razzista che cova all’interno di alcune polizie locali".

Anche Obama non è riuscito a diminuire le tensioni.

"Per forza: il primo presidente afroamericano ha scatenato la reazione bianca e suprematista, che ha originato le violenze. Le barricate e i tumulti da parte della comunità afroamericana sono sempre uno specchio degli atteggiamenti di carattere razzista da parte di gruppi bianchi o di forze delle istituzioni come la polizia".

La pandemia ha contribuito a surriscaldare gli animi?

"Ha allargato la fascia di povertà ed emarginazione, che è costituita soprattutto da afroamericani e latinos. Una situazione che può portare, come ha fatto , a reazioni collettive violente".

Andiamo verso un’estate rovente?

"Credo che da qui alle elezioni presidenziali le cose peggioreranno. Lo scontro diventerà ancora più acuto. Trump, il cui consenso è in declino, usa toni minacciosi. E le armi, sopratutto negli Usa, chiamano altre armi. La violenza in America è endemica e tutto dipende dal clima generale. Se il presidente accentuerà le divisioni, come ha sempre fatto, i prossimi mesi saranno ad alta tensione".