Mercoledì 18 Giugno 2025
FABRIZIO MORVIDUCCI
Esteri

Minaccia (simulata) contro l’Italia. I raid con missili balistici e droni. La risposta rapida ferma l’attacco

In Sardegna la maxi esercitazione interforze Joint Stars 2025: riprodotto uno scenario di guerra. Oltre 3.800 i militari impegnati. Lo scopo è testare la capacità di reazione a un conflitto contemporaneo.

In Sardegna la maxi esercitazione interforze Joint Stars 2025: riprodotto uno scenario di guerra. Oltre 3.800 i militari impegnati. Lo scopo è testare la capacità di reazione a un conflitto contemporaneo.

In Sardegna la maxi esercitazione interforze Joint Stars 2025: riprodotto uno scenario di guerra. Oltre 3.800 i militari impegnati. Lo scopo è testare la capacità di reazione a un conflitto contemporaneo.

Morviducci

Lo scenario è di fantasia, ma a leggere tra le righe non più di tanto. Perché la globalizzazione delle minacce, soprattutto quelle che arrivano dalla tecnologia militare a basso costo, leggi droni, è ormai una realtà. Mentre si combatte in Medio Oriente e in Ucraina, le instabilità nel Mediterraneo, in particolare nel nord dell’Africa, spingono la Difesa a rafforzare il fronte sud est dell’alleanza. È stato questo il tema principale di Joint Stars 2025 l’esercitazione più importante messa in atto dalla Difesa con lo studio per un mese degli schemi di difesa integrata in uno scenario di crisi internazionale che simulava proprio l’attacco di una forza terroristica con missili balistici e droni. La tecnologia, soprattutto quella a basso costo, ha rivoluzionato completamente gli schemi e le modalità di combattimento, I cyber attacchi sono diventati ormai una minaccia dalla quale occorre difendersi.

L’esercitazione Joint Stars, è stata coordinata e condotta dal Comando operativo di vertice interforze di Roma, guidato dal generale di Corpo d’armata, Giovanni Maria Iannucci. È stata un’occasione anche per testare il piano operativo dell’ultima arrivata in casa Marina militare, ovvero nave Trieste, la più grande unità mai costruita dalla cantieristica nazionale. Una nave anfibia multiruolo, progettata per un basso impatto ambientale e in grado di operare su vari scenari: dalla missione umanitaria alle operazioni di supporto alle truppe grazie al suo bacino allagabile e alla pista di volo che in prospettiva, con gli adeguamenti tecnologici necessari potrà ospitare fino a sei caccia di quinta generazione come gli F35. Attualmente con velivoli di questo genere può svolgere solo funzioni di appontaggio e rifornimento. Lo scopo dell’esercitazione è stato quello anche di testare il dispiegamento delle linee logistiche delle forze armate nel caso in cui sia necessaria una risposta rapida a fronte di una minaccia improvvisa.

All’esercitazione, cominciata l’8 maggio e conclusasi il 27, hanno preso parte circa 3.800 militari dell’Esercito, della Marina, dell’Aeronautica militare, dell’Arma dei carabinieri, ma le sinergie sono ste più larghe. Coinvolti finanzieri, vigili del fuoco e corpo militare della Croce Rossa. Del tutto innovativa per un’esercitazione di questo peso è stata la collaborazione con gli studenti universitari provenienti da alcuni importanti atenei: l’Istituto superiore Sant’Anna di Pisa, la Libera università internazionale degli studi sociali (Luiss) Guido Carli, la Libera Università Maria Santissima Assunta (Lumsa), l’Università degli studi di Genova.

Gli studenti hanno partecipano all’esercitazione sin dalla sua fase di pianificazione, in ruoli di analisti, consulenti legali, politici e per i rapporti con la stampa. Su nave Trieste era stata allestita la direzione di tutte le attività legate all’esercitazione mentre l’addestramento sul campo è avvenuto in diverse località della Sardegna meridionale: a Teulada, a Capo San Lorenzo, a Perdasdefogu e nei tratti di mare antistanti. La Difesa ha garantito il rispetto dell’ecosistema sardo, per quanto riguarda la compatibilità tra addestramento e tutela ambientale, secondo i più alti standard di sostenibilità.

La Nato deve sicuramente guardare anche il suo fronte sud, è ormai sempre più evidente il coinvolgimento russo nella parte di Libia sotto il controllo del generale Khalifa Haftar. Ed è salito il livello di attenzione dopo le notizie diffuse dall’agenzia Nova relativamente alla possibile installazione nella base libica di Sebha, a 900 chilometri da Tripoli e a 1.000 da Lampedusa di missili balistici russi a medio e lungo raggio. Un piano che non ha conferme ufficiali, ma che per l’agenzia sarebbe in fase avanzata. La mente non può non tornare ai due Scud libici lanciati nel 1986 contro l’Italia per ordine del dittatore Gheddafi come ritorsione per l’attacco statunitense che il presidente Reagan aveva voluto proprio per ucciderlo dopo gli attentati di Berlino. I due missili finirono in mare, ma le nuove tecnologie impongono un livello di difesa nazionale ben più elevato.