Venerdì 19 Aprile 2024

Migranti, Libia libera i 350 sopravvissuti al raid di Tajoura

Ma il ministro dell'Interno mette le mani avanti: "Ne abbiamo rilasciati 70, gli altri sono scappati"

 Il centro detenzione di Tajoura dopo il raid aereo (EPA)

Il centro detenzione di Tajoura dopo il raid aereo (EPA)

Tripoli, 10 luglio 2019 - Il governo del premier Fayez al-Sarraj ha dato parziale seguito a quanto prospettato dal suo ministro dell'Interno Fathi Bashagha liberando 350 migranti che erano rinchiusi nel centro di detenzione di Tajoura, colpito la settimana scorsa da un sanguinoso raid dell'aviazione del generale Khalifa Haftar, che ha causato 53 morti. La liberazione dei sopravvissuti è stata segnalata da un tweet della sezione libica dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), assicurando che "fornirà assistenza attraverso il suo programma di risposta urbana".

Peccato che il giorno dopo lo stesso Bashagha abbia "deprecato l'uscita di 350 persone dal centro di Tajoura", affermando che era stata data l'autorizzazione solo per 70 persone su richiesta dell'Onu e spiegando in sostanza che le altre se ne sono fuggite da sole e non sono state fermate per non dover usare la violenza.

Comunque sia, non è ancora chiaro se si tratti dell'avvio di quell'operazione di rilascio che il governo Sarraj ha minacciato qualche giorno fa, lasciando intendere di essere pronto a liberare migliaia di persone (si era parlato di 6-7 mila). Per ora riguarda solo quelli finiti sotto le bombe di Haftar, che erano considerate ancora a rischio. Era stato il ministro dell'Interno Fathi Bashagha venerdì scorso a rivelare che il governo di Accordo nazionale a Tripoli stava "considerando" la chiusura dei centri di detenzione e il rilascio di tutti i migranti "per tutelare le loro vite e la loro sicurezza", come aveva sintetizzato il suo dicastero, cercando evidentemente di dare la sveglia all'Europa.

Anche un portavoce del sedicente esercito di Haftar aveva dichiarato disponibilità a "cooperare" all'operazione, accusando Sarraj di usare i rifugiati come scudi umani in una guerra che in quattro mesi ha già superato i mille morti e lamenta oltre 5.500 feriti. Il raid della notte del 2 luglio, oltre a 53 vittime (cifra accreditata dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu), aveva provocato anche più di 130 feriti. Terrorizzati dalla possibilità di un nuovo attacco, da giorni i migranti reclamavano di essere almeno trasferiti altrove e da lunedì erano in sciopero della fame, come riferito dal sito Middle East Monitor. A causa delle pessime condizioni di vita dei centri di detenzione libici, una loro chiusura viene auspicata da tempo dall'Unhcr, il quale però chiede che l'operazione venga "affiancata" da una "una presa di responsabilità" da parte dei Paesi europei per sostenere "piani di evacuazione" adeguati. 

IL MINISTRO: SONO USCITI DA SOLI - Bathi Bashagha ricostruisce così l'accaduto: era stata data l'autorizzazione solo per 70 persone, gli altri sono usciti di loro iniziativa e non è stato possibile fermarli per evitare scene di  violenza. Il ministro sembra dunque escludere che si sia trattato dell'inizio di una liberazione generalizzata di tutti i migranti detenuti in  Libia. Bashagha, in dichiarazioni alla stessa Libya Al Ahrar, "ha detto che l'Unhcr (l'Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati) aveva deciso di far uscire 70 migranti del centro", che ne ospita "circa 400, per rimpatriarli". Ciò "ha spinto un numero di migranti a protestare e a lasciare il centro".