Giovedì 25 Aprile 2024

Marine Le Pen: "Trump sconfitto? Il populismo non è morto"

La leader del Rassemblement National: basta con le vecchie categorie politiche, oggi i nostri avversari sono i mondialisti. "Salvini e Giorgia Meloni coraggiosi. Ogni Stato deve mantenere il controllo delle frontiere e tenere a bada l’immigrazione"

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Della sua vita privata parla pochissimo: l’unica informazione che le ha carpito un settimanale francese è che le piacciono i gatti. "Sono pudica", dice. Nessuna indiscrezione sulla famiglia, sulla figlia Jehanne (nata nel 1998), sui gemelli Louis e Mathilde (nati nel 1999), su due matrimoni falliti, sulla recente rottura del rapporto con Louis Aliot. La sua vita è la politica. Si sta preparando alla terza campagna presidenziale, nel 2022. Definita in passato "la piromane" dai suoi avversari, Marine Le Pen è oggi molto più misurata: "In tempi di grave crisi – commenta – i personaggi politici debbono controllare attentamente le parole".

Parliamo di Trump: è normale che non voglia ammettere la sconfitta?

"Normalissimo. C’è una contestazione elettorale relativa ad alcuni Stati. Il sistema americano prevede un lasso di tempo prima del passaggio dei poteri, concepito apposta per permettere alla giustizia di esaminare i ricorsi elettorali. Si può rimproverare a Trump di esigere che la legge venga rispettata? Non capisco tutta questa agitazione".

D’accordo, aspettiamo che la giustizia faccia il suo corso. Ma immaginiamo di essere nel 2021 e che Joe Biden sia stato confermato al posto di comando. La sconfitta di Trump rappresenta un duro colpo per i populisti che tifavano per lui?

"Ah, non direi proprio. Il populismo non è affatto morto: non vedo perché un’elezione americana dovrebbe avere conseguenze sui movimenti politici europei. Inoltre, mezza America ha scelto lui: è il candidato repubblicano che ha ottenuto il più alto numero di voti negli ultimi anni. Il vero dibattito europeo a mio avviso è quello che riguarda i nazionalisti e i mondialisti. Non ha più senso parlare di destra e di sinistra: la discriminante che strutturerà tutte le elezioni future, e lo sta già facendo oggi, è quella fra nazionalismo e mondialismo. È questa l’unica vera scelta che si pone oggi. E anche se Biden verrà proclamato vincitore, la discriminante non scomparirà".

Lei sostiene che il populismo non è morto: tuttavia i leader populisti che si riconoscevano nella politica di Trump oggi non sembrano molto in forma. Pensi a Boris Johnson in Inghilterra, a Orban in Ungheria, a Bolsonaro in Brasile, a Salvini in Italia...

"Matteo Salvini e Giorgia Meloni, che non sono certo dei mondialisti e si trovano sulla stessa linea anche se con qualche differenza, non mi sembrano in crisi. E non mi mi sembra che stiano spettacolarmente perdendo peso le idee nazionaliste che sostengono".

Secondo i sondaggi Salvini perde consensi, mentre Giorgia Meloni, che si mostra più moderata, continua a crescere. A quale dei due lei si sente più vicina?

"Mah, credo poco ai sondaggi. E conta poco che uno sia più moderato e un altro più irruento. Giorgia Meloni è una donna, Matteo Salvini è un uomo: non possono far politica allo stesso modo. Ci sono differenze di stile e di valutazione fra di loro. Quel che m’interessa è: stanno dalla stessa parte nella grande battaglia fra mondialisti e nazionalisti? La risposta è sì, e questo mi basta. Matteo è un amico, è un uomo coraggioso, ci conosciamo da un sacco di tempo, mi fido di lui, lavoriamo insieme nello stesso gruppo all’Europarlamento. Giorgia Meloni è una donna simpatica, intelligente, ha una popolarità incontestabile, ma la conosco meno".

Che cosa intende quando parla di nazionalismo?

"Il concetto di nazione era quasi scomparso e in questi ultimi anni ha fatto un clamoroso ritorno sulla scena. Io credo nelle relazioni internazionali, parola – si badi bene – che comprende il termine ‘nazionale’. Una nazione è tale se ha il controllo delle frontiere e della politica economica, se privilegia i rapporti bilaterali in materia di diplomazia e di commercio, se mette in primo piano se stessa e i suoi interessi anziché quelli degli altri".

Parliamo di immigrazione, problema enorme che affligge in particolare l’Italia, lasciata sistematicamente sola dai partners europei: in che modo una politica nazionalista potrebbe risolvere il problema?

"Penso che ogni Nazione debba conservare il controllo delle politiche migratorie: il che non impedisce ai vari paesi di contribuire insieme al rafforzamento di Frontex, a condizione che quest’ultimo non si limiti a funzionare come agenzia di accoglienza dei migranti".

Macron ha ragione a chiedere controlli più severi alle frontiere?

"Sì, ma non serve a niente sbattere il pugno sul tavolo se non si affronta prima il problema fondamentale di Schengen e se le pompe aspiranti dell’immigrazione continuano a favorire l’arrivo di centinaia di migliaia di persone. Il problema è a monte".

Una domanda che tutta la Francia si pone dopo i recenti attentati: l’Islam è compatibile con la Repubblica?

"Sono i musulmani che debbono rispondere. L’Islam non è l’islamismo: una cosa è la religione, altra cosa l’ideologia. L’islamismo per me deve essere dichiarato nemico del paese e deve essere combattuto grazie a leggi eccezionali. Bisogna colpire la frequentazione, l’assistenza, il finanziamento, il proselitismo, l’apologia dell’islamismo. Bisogna inoltre contrastare l’islamo-gauchismo, l’islamo-fascismo, l’islamo-elettoralismo, fenomeno diffuso nella classe politica francese, di destra e di sinistra, che consiste nel ritenere più utile ai fini elettorali sostenere l’islamismo anziché combatterlo".

Come mai i musulmani moderati di Francia non scendono in piazza in massa per condannare gli attacchi terroristici?

"Perché hanno paura. Perché lo Stato francese per primo non li difende dagli islamisti. Dovrebbero essere più coraggiosi della classe politica francese che ha sempre chiuso gli occhi e lasciato correre?".