Iran, Dacia Maraini e le donne: "Scuotono il regime"

Le autorità iraniane negano le cause dei decessi delle giovani vittime. La scrittrice: "Le azioni simboliche servono se ripetute e rumorose. In Europa ho paura che venga negato il diritto all’aborto"

Mahsa Amini, 22 anni, morta mentre era sotto custodia della polizia morale

Mahsa Amini, 22 anni, morta mentre era sotto custodia della polizia morale

La censura iraniana interviene sulla morte della 22enne Mahsa Amini e Nika Shakarami, 17 anni. Secondo un referto medico diffuso dalle autorità nazionali, Mahsa – deceduta dopo il suo arresto in Iran da parte della polizia morale per non aver indossato in maniera corretta il velo – avrebbe perso la vita a causa di una precedente malattia al cervello e non per colpa delle percosse.  "La morte di Mahsa Amini – si legge – non è stata causata da colpi alla testa e agli organi vitali ma è correlata a un intervento chirurgico per un tumore al cervello subìto all’età di otto anni".  Stando alla versione della magistratura di Teheran, Nika Shakarami sarebbe morta per una caduta da un edificio. La madre della ragazza ha invece accusato le Autorità di avere ucciso la figlia,affermando che le ferite che ha visto sul corpo contraddicono quanto sostenuto. Una fonte vicina alla famiglia ha fatto inoltre sapere che gli zii della giovane, arrestati nei giorni scorsi, sono sta costretti a confermare in tv la versione della magistratura e a criticare le proteste in corso da tre settimana per la morte di Mahsa Amini.

Signora Maraini, legga questo lancio di agenzia: "La morte di Mahsa Amini, arrestata perché non indossava correttamente il velo islamico, è dovuta a una malattia e non alle percosse. Lo stabilisce il medico legale dopo l’autopsia". Per lo storico britannico Eric Hobsbawm il femminismo è l’unica rivoluzione riuscita del Novecento. Non dappertutto. Non nell’Iran di Mahsa. Non in quello di Nika, che a diciassette anni gridava libertà perché sarebbe potuto succedere a lei, come poi è successo. Era scomparsa nel nulla durante le proteste. Il suo corpo è stato ritrovato ieri dopo dieci giorni. La storia si riavvolge su se stessa, tira verso il fondo. Il volto tumefatto di quella bambina con il rossetto ci ricorda che nessuna conquista è scontata, che il presente è trafitto da buchi neri. E noi ancora una volta qui a parlare di donne. Con una donna che è stata dalla loro parte a prescindere dal sesso. Era per senso di giustizia, sì, lo ha detto e scritto benissimo. Distribuito con la stessa passione fra i senzatetto, i carcerati, i malati di mente, la propria famiglia rinchiusa in un campo di concentramento giapponese.

Ma oggi ha senso solidalizzare tagliandosi i capelli o hanno senso le rappresaglie autopunitive con le forbici, dalla Binoche in giù, fanno il solletico agli ayatollah?

"Qualsiasi azione simbolica deflagra la prima volta, ma acquista senso solo se viene ripetuta in maniera seriale, martellante, rumorosa. È la quantità a fare la differenza per quei poveri fanatici. La protesta in sé non conta niente, conta il numero. Di cui hanno paura perché minaccia i numeri del consenso".

Nel nostro giardino felice fare numero è facile. In quelle piazze ci vuole coraggio.

"Non mi sembra che alle iraniane manchi, le ammiro moltissimo. Ma le donne ne hanno sempre avuto. È il mio mantra: ci vuole più coraggio a obbedire che a comandare. Soprattutto sotto un totalitarismo religioso che finge di censurare le abitudini quotidiane però in realtà vuole arrivare al controllo del pensiero, come tutti i totalitarismi. Suona antistorico, certo. Ma dalle nostre parti è stato così fino a non moltissimo tempo fa. San Paolo raccomandava alle donne di entrare in chiesa a capo coperto perché i capelli erano considerati un segno di seduzione. Il Medioevo è stato quello che è stato. Durante il Rinascimento la protesta era salire su un palcoscenico. A rivendicare cosa? La libertà di scegliersi un marito".

Una cosa tira l’altra, da qualche parte bisognava pur cominciare. Oggi da che cosa si sente minacciata qui nell’Europa felice dei diritti?

"Dalla possibilità che venga messo in discussione il diritto all’aborto. Una libertà da schiave, siamo d’accordo, perché a nessuna donna piace abortire: violenza contro il corpo, contro un progetto. L’unica alternativa è la maternità responsabile. Peccato che ci troviamo spesso in tante nella condizione di Margherita, ha presente il Faust di Goethe: rimane incinta, lui l’abbandona, lei si uccide. Quando si parla di aborto si è sempre in due e questo non è chiarissimo a tutti. Se la società fosse a misura di donna non ce ne sarebbe bisogno. Spiega bene l’idea di patriarcato da cui non ci siamo sganciati del tutto l’incipit di quel bellissimo romanzo che è Orgoglio e Pregiudizio : “È una verità universalmente riconosciuta che uno scapolo in possesso di un buon patrimonio debba necessariamente cercare una moglie”. Siamo nel 1813, è una frase audace che potrebbe essere ribaltata e forse attualizzata: l’unico modo di cavarsela per una donna è necessariamente trovare uno scapolo".

Quali donne le piacciono oggi?

"Vado per fasce di età e dico Liliana Segre, Debora Serracchiani, Greta Thunberg. E Annie Ernaux, che giudica il mondo con severità ma anche con affetto. Un Nobel meritatissimo".

E lei come guarda il mondo?

"Con severità e fiducia. Bisogna credere nel futuro altrimenti uno si siede lì a contare i morti e gli arresti a Teheran e buonanotte".