"Macché stupri, Dylan era in tour". I fan scagionano il poeta del rock

Donna denuncia di essere stata violentata a 12 anni nel 1965. Il Nobel smentisce, sui social prove a suo favore

Bob Dylan (Ansa)

Bob Dylan (Ansa)

Lei è una donna di 68 anni che vive a Greenwich, una ricca enclave della cosiddetta costa d’oro del Connecticut, alle porte di New York: nel 1965 aveva 12 anni e sostiene che nel ’65, nel corso di sei settimane tra aprile e maggio, Bob Dylan, esercitando il suo potere di superstar la drogò, le fece bere alcol e la violentò a Manhattan, al Chelsea Hotel. La denuncia di J.C. – queste le iniziali della donna – è stata depositata al tribunale di New York giusto allo scadere dei termini previsti dal Child Victims Act, una legge grazie alla quale coloro che hanno subìto abusi durante l’infanzia potevano, fino a Ferragosto, costituirsi in giudizio contro gli aggressori indipendentemente dai tempi di prescrizione.

Bob Dylan, 81 anni compiuti il 24 maggio, tramite il portavoce ha smentito l’accusa "vecchia di 56 anni e falsa", proclamando che "si difenderà con forza in tribunale". Dal canto suo J.C., che chiede una somma non specificata in risarcimento, ha sottolineato che per colpa di Dylan la sua esistenza è compromessa da cicatrici emotive, depressione e attacchi di ansia, danni permanenti, ed è dovuta ricorrere a cure mediche per provare a superare il trauma.

Una vicenda che se non fosse così dolorosa, apparirebbe difficile da credere: che si sia ammiratori o meno del monumentale cantautore che ha cambiato la storia del rock e del pop americano e non solo, tanto da essere insignito del premio Nobel per la Letteratura nel 2016, resta comunque singolare che la denuncia arrivi addirittura a 56 anni di distanza, quando è oggettivamente difficile – per la difesa come per l’accusa – rintracciare validi riscontri, prove inconfutabili. Fatto talmente singolare da indurre i fan di Dylan – loro sì immediatamente increduli – a ritrovarsi nelle ore successive alla notizia a indagare freneticamente e a scambiarsi le ’prove d’innocenza’ di Bob via social.

Il mezzo preso d’assalto è stato Twitter. Il punto di partenza l’anno in cui J.C. dice di aver subìto le violenze: il 1965, e i mesi in questione: tra aprile e maggio. Il ’65 è un anno strategico per la carriera di Dylan, è quello della famosissima “svolta elettrica“: nel marzo del ’65 Dylan pubblica Bringing It All Back Home (con Mr. Tambourine Man, Subterranean Homesick Blues e Maggie’s Farm), il 25 luglio si esibisce – con la celeberrima contestazione degli ortodossi del folk – al festival di Newport. Un anno strategico, e durante il quale Dylan è al centro di moltissime cronache. Ecco allora che Twitter ieri è stata inondata di foto dei giornali dell’epoca: Dylan, che faceva ancora coppia con Joan Baez pur non disdegnando la compagnia della bellissima e sfortunata Edie Sedgwick, il 26 aprile approdò a Londra dove tenne una conferenza stampa (come si vede nel documentario Don’t Look Back); le testimonianze della sua permanenza in Gran Bretagna – interviste, concerti, incontri con artisti, visibili sempre in Don’t Look Back – coprono la maggior parte del periodo ’incriminato’ poiché dal 26 aprile arrivano fino al primo giugno, con i due special alla Bbc che restano tra le sue ultime apparizioni acustiche prima della svolta elettrica.

Dal 15 giugno è di nuovo a New York, in sala di registrazione per le sessioni di Highway 61 Revisited che durarono fino al 4 agosto, album la cui uscita, il 30 agosto, fu anticipata poco dopo giugno dal singolo Like A Rolling Stone. Resta scoperto l’inizio di aprile? Basta chiedere ed ecco la risposta dei fan via Twitter: il 9 di aprile Dylan era in concerto a Vancouver; il 24 a Seattle; nel frattempo lunghi soggiorni sulla West Coast causa tournée. Al Chelsea Hotel è indubbio che Dylan abbia vissuto: dal 1961 al 1964, secondo un articolo sull’Enciclopedia Britannica, e poi certamente nel 1966. Fu nella stanza 211, poco lontana da quella di Leonard Cohen e Janis Joplin, che nel ’66 compose Sad Eyed Lady of the Lowlands e altri brani confluiti poi nell’album Blonde on Blonde, l’ultimo della trilogia elettrica. Ma se solo i fan, in un solo giorno, sono riusciti a raccogliere così tanti documenti che salverebbero il loro mito poeta, chissà cosa riuscirà a fare un avvocato assoldato da Bob. Che è poeta sì, ma anche miliardario.