Ucraina, l'esperto: "Putin capisce solo la fermezza. Non attaccherà mai la Finlandia"

L’analista Alcaro: l’ingresso dei Paesi scandinavi nell’Alleanza atlantica argina la politica imperiale russa. "La guerra all’Ucraina? Un disastro strategico. Ma l’Europa dovrà costruire un nuovo sistema di sicurezza"

Due soldati ucraini vicino a Lysychansk (Ansa)

Due soldati ucraini vicino a Lysychansk (Ansa)

"La politica della fermezza è la sola cosa che funziona con Putin. Più cediamo, più avanza. In questo senso l’allargamento della Nato a Finlandia e Svezia è un argine alla politica imperiale del Cremlino. E il vero paradosso è che, agendo in Ucraina per scongiurare la presunta minaccia di un allargamento della Nato, Putin ha invece autorealizzato la sua profezia, spingendo altri due Paesi storicamente neutrali, la Finlandia e la Svezia, a chiedere l’ingresso nell’Alleanza. Strategicamente un mezzo disastro". Così Riccardo Alcaro, coordinatore delle ricerche dell’Istituto affari Internazionali (Iai).

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Va bene la fermezza, ma Putin sembra aver perso molti freni inibitori. L’ingresso della Finlandia e della Svezia nella Nato non crea un incentivo per Putin ad attaccarle?

"Sinceramente non credo. È vero che dopo l’attacco russo all’Ucraina il sistema di sicurezza europeo è strutturalmente più degradato e instabile, ma se c’era un momento nel quale far entrare Finlandia e Svezia nella Nato, era questo. Perché ve ne è la stretta necessità. In questo modo si crea un sistema di sicurezza più coeso e più compatto, un argine ad altre avventure".

Non vede, quindi, il rischio di altre azioni militari russe nella partita di scacchi che si gioca in Europa?

"Nessuno ha la sfera di cristallo, ma mi sembra che la Russia non abbia allo stato le risorse per fare non dico interventi militari in Finlandia, ma anche un forte rischieramento di truppe verso quei confini. Potrà fare al massimo qualche atto dimostrativo, nulla di sostanziale. Quanto al nucleare, lo agita, come sempre, ma sa che l’ombrello Nato rende di fatto impossibile un suo utilizzo".

C’è chi, ad esempio Salvini, teme che l’allargamento della Nato sia una minaccia alla pace in Ucraina e provochi l’orso russo.

"Salvini parla ancora come se la Russia fosse quella del 2007, prima della guerra in Georgia. Come se fosse ancora un potenziale partner interessato a creare un sistema di di sicurezza europeo che desse stabilità. Non è più così. Negli ultimi anni la sicurezza europea è stata scossa da avventure armate della Russia, prima in Georgia poi, due volte, 2014 e oggi, in Ucraina. Putin fermerà la sua aggressione all’Ucraina solo quando capirà che non potrà più raggiungere i suoi obiettivi. In questo senso la forte risposta dell’occidente a fianco di Kiev, anche fornendo armi, e l’allargamento della Nato nel Baltico, faranno capire a Putin che l’operazione è fallita e che occorre trovare un modo per mettere fine alla guerra".

In questo senso quindi l’allargamento non è un ostacolo alla pace, anzi?

"Fino a che si pensa che la pace possa essere raggiunta concedendo alla Russia, non si capisce quale è la logica del Cremlino. Le concessioni rafforzano la volontà della Russia di continuare la guerra".

Dopodiché ci si dovrà comunque tornare a parlare.

"Dopodiché vediamo come andrà a finire la guerra e poi lavoriamo per un nuovo sistema di sicurezza in Europa, che non potrà fare a meno della Nato".

Crede che la Turchia possa mettere in dubbio l’allargamento?

"Credo che le preoccupazioni turche siamo strettamente legate al supporto politico fornito soprattutto dalla Svezia al Pkk. La Turchia chiederà garanzie, negoziati, ma non credo che arriverà al veto. Ma va anche considerato che in questo modo Erdogan potrebbe aver mandato un messaggio a Putin: pur appoggiando l’Ucraina, non è del tutto contraria alla Russia. Questo può aiutare il dialogo".

Per l’Italia l’allargamento della Nato nel Baltico cambia strategicamente qualcosa?

"È la guerra in Ucraina ad aver cambiato lo scenario. Ha rafforzato ulteriormente l’importanza dell’Est Europa e del Baltico, dando minore rilievo al nostro Paese, che invece ebbe un ruolo più centrale negli anni Novanta per quasi un ventennio a causa della situazione nei Balcani. Ma l’Italia resterà ancora un partner importante sia per la sua collocazione mediterranea, che garantisce proiezione verso Medio Oriente e Africa, che per la sua grandezza".