Venerdì 19 Aprile 2024

Lo scrittore che Putin vuole arrestare. "Da mesi vivo nascosto in Europa"

Intervista a Dmitry Glukhovsky: rischio fino a 15 anni di galera, mi muovo in auto con la famiglia senza dare riferimenti

Lo scrittore russo Dmitry Glukhovsky

Lo scrittore russo Dmitry Glukhovsky

"Pur conoscendo perfettamente i loro sistemi, non mi aspettavo che arrivassero a questo punto. Mi hanno giudicato colpevole di aver gettato discredito sull’Armata russa. Per il tribunale di Mosca sono un criminale, il ministero degli Interni ha emesso un mandato di cattura nei miei confronti. Se mi prendono, rischio quindici anni di carcere". È teso, la linea telefonica cade di continuo, sento correre lungo il filo l’angoscia di un intellettuale che ha paura per se stesso, per i suoi amici, per il suo paese brutalizzato da una violenza politica che sembra non aver fine. Dmitry Glukhovsky, lo scrittore più famoso e venduto in Russia, l’autore della popolarissima saga Metro tradotta in venti lingue, compirà 43 anni fra qualche giorno, il 12 giugno. Li compirà in esilio, nel Paese segreto in cui si è rifugiato con la famiglia subito prima che i carri armati russi invadessero l’Ucraina. Lo avevo intervistato in marzo, un mese dopo l’inizio della guerra, quando aveva già lasciato Mosca: "Sono prostrato per quel che sta accadendo", aveva detto. Oggi è molto peggio, dice: "Questa guerra è orribile. Tutti hanno paura in Russia. Guerra significa esseri umani che partono per tornare in bare di zinco, significa fame, follia collettiva, miseria".

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Dmitry, dove si trova adesso?

"Da qualche parte in Europa".

Lei sta usando un cellulare che ha una scheda telefonica russa.

"Sì, ma non sono in Russia. Non voglio far sapere dove sono, per evidenti motivi di prudenza".

La linea continua a cadere, perché?

"Perché sono in macchina, sto viaggiando".

Da solo?

"No, con mia moglie e i miei figli".

Ha figli piccoli?

"Emily ha 11 anni, Theodor ne ha 8".

Non dev’essere una vita facile.

"Non lo è. Ma li ho scolarizzati tutti e due per evitare che siano destabilizzati".

Quando ha saputo della sua incriminazione?

"Ieri. Alcuni amici mi hanno avvertito che il tribunale moscovita di Basmanny ha indicato alle agenzie di stampa di avermi piazzato in stato di detenzione provvisoria in contumacia e che il ministero degli Interni mi ha inserito nella lista delle persone ricercate".

Tutto questo a causa dei post su Telegram con i quali ha denunciato l’attacco militare russo all’Ucraina?

"Sembra una follia, ma è la verità. Per dichiararmi criminale hanno bruciato tutte le tappe, non hanno rispettato le più elementari regole d’investigazione. E mi hanno applicato il grado più alto d’incriminazione, quello che prevede fino a 15 anni di galera".

Lei è il primo scrittore famoso colpito in Russia: si direbbe una reazione scomposta da parte di Putin, come se il regime non potesse ormai fare altro che intensificare l’escalation della violenza. Sia sul terreno militare che su quello culturale.

"Esattamente. Hanno deciso di varare la campagna del terrore nei confronti di artisti e intellettuali per stroncare la loro resistenza. Siccome hanno visto che il dissenso restava in piedi, hanno alzato il tiro applicando la recente legge 207.3 del codice penale che punisce chiunque contraddica le informazioni diffuse ufficialmente dalla propaganda russa".

Il regime alza la voce perché è più debole?

"No, rimane ancora forte perché si è assicurato un sostegno popolare, anche se soltanto simbolico. Il regime resterà in piedi finché l’economia russa sarà in grado di resistere".

È vero che Putin è malato?

"Può darsi. Ma non dà questa impressione, va in giro, riceve persone, non si comporta come un malato grave. Io non conterei sul fatto che, di qui a un anno o due, Putin sia morto. Inoltre, sfortunatamente per il mio Paese, non credo che un cambio di regime sia possibile se non verrà annientata l’attuale classe dirigente".

Che cosa accadrebbe se l’Occidente decidesse di non inviare più aiuti militari all’Ucraina?

"Putin si prenderebbe tutta l’Ucraina, su questo non ci sono dubbi. Non basta: avrebbe una vittoria da esibire agli occhi del mondo e di conseguenza si sentirebbe legittimato a minacciare e invadere altri Paesi".

Potrebbe ricorrere all’uso dell’arma nucleare se si sentisse minacciato?

"Non ci credo affatto. I dirigenti russi sono degli edonisti cui piacciono il lusso e la bella vita, gli yacht sontuosi e le mannequin: non sarebbero mai disposti a ricorrere a un suicidio per soddisfare le esigenze di un tiranno che vuole combattere un modello di civiltà che, guarda caso, è proprio quello che loro amano".