Venerdì 11 Luglio 2025
MARTA OTTAVIANI
Esteri

L’Iran e il legame con la Cina: la vera partita di Trump è contenere Pechino

L’inquilino della Casa Bianca sta sfruttando la crisi fra Israele e il Paese degli ayatollah sperando di assestare un colpo all’influenza (sia economica che politica) del Dragone sulla regione mediorientale

L’Iran e il legame con la Cina: la vera partita di Trump è contenere Pechino

Roma, 23 giugno 2025 – Un conflitto dove ormai di regionale c’è solo dove cadono le bombe. Oggi, il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi, è volato a Mosca per cercare di raccogliere i favori e l’aiuto del presidente russo, Vladimir Putin. Ma il Cremlino può essere di ausilio solo fino a un certo punto. La guerra in Ucraina sta mettendo a dura prova l’assetto militare ed economico del Paese. Motivo per cui il conflitto fra Iran e Israele, con il conseguente prezzo del petrolio, rischia di venire considerato come un’opportunità dallo ‘zar’.

TURKEY IRAN USA DIPLOMACY
Il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi (Ansa)

Il legame con la Cina

La vera porta dove Aragchi dovrebbe andare a bussare è quella di Pechino. La Cina è il Paese che ha investito maggiormente nella Repubblica Islamica. Tra il 2018 e il 2022, la Cina ha stanziato in Iran 618 milioni di dollari, pari al 7,5% degli investimenti diretti esteri (FDI) ricevuti dal Paese in quel periodo. Il baricentro è energetico: secondo varie stime, nel corso del 2024 la Cina ha importato tra 1,4 e 1,6 milioni di barili al giorno di petrolio iraniano, corrispondente a circa 15% del suo fabbisogno totale, aggirando le sanzioni statunitensi. A maggio 2025, queste ultime rappresentavano il 77% dell’import totale cinese da Teheran, circa 1,65 milioni di barili al giorno. Sul fronte commerciale, nel 2024 gli scambi bilaterali hanno raggiunto i 13,37 miliardi di dollari, di cui 4,44 miliardi di importazioni cinesi e circa 9 miliardi di esportazioni. La collaborazione è prospera anche sul piano infrastrutturale, con investimenti mirati come i 30 milioni di dollari allocati per la prima fase dell’Aprin Dry Port, un hub ferroviario e container strategico sulla rotta Iran-Cina. A fine 2023, oltre il 40% degli investimenti BRI cinesi a livello globale erano concentrati su tecnologie ICT, energia verde e sicurezza informatica, settori in cui l’Iran è un partner strategico. Alla luce di queste considerazioni, è facile intuire perché Trump, che dalla Cina è ossessionato, vedesse così male un rapporto che, oltre a tutto quanto scritto sopra, ampliava anche l’influenza della Cina nella regione.

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La tela del Dragone

Non solo affari. La Cina aveva anche cercato di portare avanti un ambizioso piano di mediazione fra Iran e Arabia Saudita che l’avrebbe resa la protagonista assoluta della regione, a scapito proprio degli Stati Uniti e di Israele, che avrebbero visto sfumare il loro progetto della normalizzazione del Medio Oriente a trazione israelo-americana, facendo un grande regalo al nemico per eccellenza. Ma c’è un’altra partita che è ancora tutta da giocare e sulla quale Washington non può permettersi di essere così assertiva, ossia le mire del Dragone nella regione indopacifica. Fino a questo momento, gli Usa hanno applicato una strategia di contenimento, attraverso la pressione di Paesi alleati. Ma l’attacco all’Iran ha provocato due conseguenze. La prima, con la costante violazione del diritto internazionale, rappresenta la dimostrazione che gli equilibri di un tempo sono saltati e che adesso ogni potenza può fare quello che vuole. La seconda è che con il bombardamento all’Iran, la Cina potrebbe ritrovarsi alleati inaspettati, soprattutto all’interno dei BRICS, e dare un connotato sempre più politico a questa piattaforma nata, all’inizio, solo con una prospettiva economica.

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