Mercoledì 24 Aprile 2024

L’instancabile Giappone tira il freno. "Al lavoro quattro giorni a settimana"

Troppi morti per i ritmi massacranti, il governo conservatore apre alla possibilità di allungare il weekend

Lavoratori giapponesi addormentati sulla metropolitana

Lavoratori giapponesi addormentati sulla metropolitana

Se pensate che la punta più alta del sadismo giapponese sia rappresentata dallo spietato Gennaro Olivieri di Mai dire Banzai, dovreste prima provare a lavorare a Tokyo e dintorni. Orari massacranti e, nella quasi totalità dei casi, una sola drammatica settimana di ferie all’anno: la mitica Golden Week, dove il Paese praticamente si ferma e i prezzi per viaggiare schizzano alle stelle. Cornuti e mazziati, insomma. D’altra parte i cartoni animati giapponesi, che in Italia hanno iniziato a diventare popolari negli anni Settanta, qualche piccolo indizio sul senso di sacrificio estremo (per non dire malato) dei nipponici ce lo avevano lanciato. Nella serie calcistica Holly e Benji uno dei protagonisti, che – va ricordato – hanno tutti poco più di dieci anni, scende in campo regolarmente nonostante soffra di una rara malattia cardiaca congenita, rischiando una puntata sì e l’altra pure di stramazzare sul prato. E tutto per vincere il prestigiosissimo torneo delle scuole elementari.

E così il governo giapponese, che da quasi cinquant’anni combatte con scarso successo il triste fenomeno del karoshi, ovvero la morte causata dai carichi eccessivi di lavoro, ha deciso che nel 2021 era arrivato il momento di tirare il freno. L’idea del premier conservatore Yoshihide Suga è quella di incoraggiare le aziende a lasciar decidere ai propri dipendenti se lavorare quattro giorni alla settimana invece che cinque. La legislazione attuale prevede infatti un massimo di 40 ore settimanali (per con turni da 8 ore al giorno). Ma la teoria è molto lontana dalla pratica, visto che un quarto delle aziende giapponesi richiede un minimo di 80 ore di straordinario mensili ai propri dipendenti. Per molti manager chi non lavora almeno 12 ore al giorno è uno scansafatiche. L’abnegazione conta più del risultato: solo chi si fa trovare in azienda tutti i sabati e le domeniche è meritevole di fare carriera. La terra promessa per qualsiasi megadirettore galattico.

Tanto per capirsi, Jiro Ono, considerato il più grande chef di sushi della storia, non ha mai preso un giorno di ferie per 75 anni consecutivi e si è concesso il lusso di fermarsi 24 ore solo per accompagnare nel suo paese natale la troupe americana che stava girando un documentario su di lui. Sì, è davvero andato in ferie per lavorare.

Ma anche per molti giapponesi, pure quelli che guardano a rullo continuo Holly e Benji per farsi coraggio, questi ritmi sono insostenibili. Chiunque abbia preso una metropolitana a Tokyo lo sa bene: in quasi tutti i vagoni ci si imbatte in un colletto bianco o in un manager che, stremato, ha trovato un qualsiasi punto d’appoggio per mettersi a dormire. Sono i fedelissimi dell’inemuri, la sofisticata arte di schiacciare un pisolino pur rimanendo (poco) coscienti. E farsi trovare dal proprio superiore in questo stato è motivo di elogio: il dipendente ha dimostrato di aver davvero dato tutto per l’azienda.

La settimana lavorativa di quattro giorni – che potrebbe ricevere il via libera già entro la fine di giugno – dovrebbe riequilibrare i ritmi, dando più spazio alla vita privata dei giapponesi, senza minare la produttività. Anzi, alcuni test condotti da Microsoft nel Sol Levante hanno mostrato per chi si è adeguato al ritmo del weekend super lungo un aumento del 40% nelle performance. Ma molti analisti, al di là delle preoccupazioni sulla possibile riduzione degli stipendi e delle pensioni, temono che gli instancabili lavoratori giapponesi potrebbero usare questo tempo libero extra per cercare un secondo impiego. E Takeshi Kitano, che la Gialappa’s Band ribattezzò in Gennaro Olivieri, si sta già fregando le mani.