Libia, istruzioni per leggere il caos

Uno stato con due governi, due parlamenti, decine di milizie e una forte presenza jihadista e di gruppi criminali dediti a contrabbando e traffico di esseri umani

Libia, le forze del Governo di unità nazionale a Tripoli (Ansa)

Libia, le forze del Governo di unità nazionale a Tripoli (Ansa)

Un puzzle, in costante aggiornamento, nel quale gli interessi tribali si intrecciano con quelli religiosi, con le ambizioni personali, la forza militare ed economica, e le appartenenze etniche. Uno stato con due governi, due parlamenti, decine di milizie e una forte presenza jihadista e di gruppi criminali dediti a contrabbando e traffico di esseri umani. Questa è oggi la Libia.

CHI STA CON CHI - Il governo di unità nazionale uscito dagli accordi di Shkirat (Marocco) del dicembre 2015 è formalmente supportato da tutta la comunità internazionale. Sostanzialmente il suo maggiore sponsor è l'Italia e, in subordine, visto il disimpegno dalla qutione libica deciso già da Obama, gli Stati Uniti. Germania e Gran Bretagna ugualmente lo supportano, ma con moderazione. Con Serraj ci sono le forze vicine ai Fratelli Musulmani e gran parte della potente citta di Misurata, nucleo forte della rivolta anti Gheddafi e poi decisiva nella sconfitta dell'Isis a Sirte. Forte l'appoggio anche dei governi vicini ai Fratelli Musulmani, e quindi Qatar e Turchia.

Contro Serraj c'è l'uomo forte della Cirenaica, il generale Khalifa Haftar. Il generale è fortemente sostnuto dai paesi arabi "nemici" della Fratellanza Musulmana: Egitto, Arabia Saudita, Emirati Arabi. Forte il sostegno (anche militare, seppure discretamente) di Francia e Russia. Con Haftar in Tripolitania c'è anche la città berbera di Zintan, per anni (2011-2014) attore forte militarmente, tra quelli chiave per la caduta di Gheddafi

Giocano partite separate, nel sud del Paese, i Tebu (che contrallano l'area di deserto vicina all'Algeria) e i Tuareg (che controllano la parte vicina a Niger e Ciad), ferocemente conrapposti, con questi ultimi più vicini ad Haftar e i primi a Serraj.

LA SECONDA GUERRA CIVILE LIBICA - Dopo la cacciata di Gheddafi Il 7 luglio 2012, i libici votarono nella loro prima elezione parlamentare dalla fine del precedente regime. L'8 agosto 2012, il Consiglio di transizione cedette il potere all'interamente eletto Congresso (GNC), cui fu affidato l'incarico di formare un governo ad interim e di stendere una nuova Costituzione da approvare in un referendum. Il premier Ali Zeidan, eletto ad ottobre 2012 si dimise nel 2014 e i partiti islamisti presenro il controllo dell'assemblea.

Il 14 febbraio 2014, il generale Khalifa Haftar, che aveva servito sotto il precedente regime di Gheddafi salvo poi defezionare e rifugiarsi negli Stati Uniti (sotto la protezione della Cia), richiese la dissoluzione del GNC e la formazione di un governo ad interim che presieda a nuove elezioni, minacciando un colpo di Stato. Il che accadde: il 16 maggio 2014, le forze leali al generale Haftar lanciano unilateralmente un'offensiva terrestre e aerea su larga scala, in primis in Cirenaica, chiamata operazione Dignità, alla quale, a Tripoli, parteciparono le milizie di Zintan. Il Congresso indisse nuove elezioni, che si tennero il 26 dicembre. Il nuovo congresso si riunì a Tobruk, ma a luglio la situazione precipitò, con una colazione militare islamista denominata Alba Libica che attaccò a Tripoli le forze di Zintan liberando l'Aeroporto internazionale. Su pressione di Alba Libica una parte dei parlamentari lasciò il parlamento di Tobruk e creò a Tripoli il Congresso Nazionale generale. La Libia aveva così due governi e due parlamenti.  Della situazione approfita Isis che dall'ottobre 2014  costtuisce una propria colonna libica e a febbraio 2015 entrano a Sirte. Per tutto il 2015 si scontrano a ovest con le forze di Misurata e a est con le guardie petrolifere di Jadran, allora fedeli a Tobruk. La comunità internazionale, tramite l'Onu, intensifica gli sforzi per cercare una solzione diplomatica e dare un governo alla Libia. Alla conferenza di Skirat, nel dicembre 2015, nasce un consiglio presidenziale riconosciuto dalle Nazioni Unite e affidato a Fajez al Serraj, che a febbraio 2016 crea un governo, prima in esilio a Tunisi e poi, da marzo 2016, a Tripoli.

Grazie alle pressioni internazionali in parlamento di Tripoli vota a favore del governo Serraj, mentre quello di Tobuk resiste. Nella primavera del 2016 le forze di Misurata, alleatesi con le guardie petrolifere di Jidran (che abbandonano Haftar) e godendo dell'appoggio militare (aereo e di forze speciali) americano e inglese attaccano e sconfiggono in mesi di feroci combattimenti l'Isis a Sirte.

La tensione tra Tobruk e Tripoli però non cessa. Haftar attacca e conquista i giacimenti protetti dalle Guardie petrolifere. A Tripoli intanto l'autorità di Sarraj viene messa in discussione: il 14 ottobre, l'ex premier del governo non riconosciuto di Tripoli, Khalifa Ghwell, tenta un colpo di Stato. L'operazione abortisce ma la Libia è sempre più nel caos e il destino di Serraj resta appeso a un filo, e comunque sotto il controllo delle milizie che lo appoggiano e lo ricattano. Ci sono per mesi scontri per i controllo dei giacimenti petroliferi e Haftar risce solo nel luglio 2017 a prendere il controllo di Bengasi dalle locali forze islamiste radicali vicine ad al Qaeda.

Nel frattempo le milizie continuano a scontrarsi a Tripoli, in un continuo susseguirsi di scontri e cambi di casacca. A luglio 2017 il presidente francese Emanuel Macron ospita a Parigi un vertice nel quale Serraj e Haftar raggiungono un accordo per i cessate il fuoco e per nuove elezioni. Sembra un svolta. le elezioni vengono fissate prima per il 30 settembre poi, con un nuovo vertice a Parigi, per il 10 dicembre. Ma è chiaro che non ve ne sono le condizioni. Il vertice di Palermo è un tentativo dell'Italia di rientrare in gioco rilanciando il processo di pace guidato dall'Onu. Ma tutti sanno che sarà durissima.