Giovedì 25 Aprile 2024

Libia, battaglia a sud di Tripoli. Conte-Salvini: "Terroristi potrebbero arrivare da noi"

Le forze di Haftar tentano di arginare la controffensiva di Serraj. Al consiglio di sicurezza dell'Onu una bozza di risoluzione che chiede l'immediata fine delle ostilità

Combattimenti a sud di Tripoli (Ansa)

Combattimenti a sud di Tripoli (Ansa)

Roma, 16 aprile 2019 - Ferve la battaglia ad Ain Zara, il sobborgo meridionale di Tripoli dove le forze di Haftar, che qui hanno la loro punta più avanzata della loro offensiva, stanno cercando di arginare la controffensiva delle truppe di Serraj facendo largo uso anche di lanciatori Grad, che sparano missili poco precisi ma assai devastanti, che causano larghi danni alle abitazioni civili nella zona. Almeno quattro le vittime provocate in serata nell'area di Abu Slim, a ridosso del centro della capitale. "Le nostre unità occupano adesso nuove posizioni nel perimetro della capitale Tripoli e avanzano verso altre posizioni", ha dichiarato nel frattempo il portavoce delle forze di Haftar citato dal quotidiano Al Wasat.

Duri scontri anche ad al Hira, a nord di Gharian, dove stanno avanzano le forze del Gna, il governo di Tripoli. I 166° battaglione del gna ha conquistato anche il ponte di al Ahra, a nord del vecchio aeroporto internazionale che resta in mano alle forze di Haftar. Aerei decollati da Misurata hanno colpito in mattinata le forze dell'LNA di Haftar nella zona di al Jafra, ad al Hira e Hoon. Intanto il portavoce della 'war room' delle forze governative libiche, il colonnello Mohammed Qannouno, ha dichiarato che "l'ordine del comando centrale è di andare in ogni città della Libia che non è sotto controllo del governo di accordo nazionale". "Quando parlo di ogni città libica intendo anche la Cirenaica", ha sottolineato l'alto responsabile militare facendo intendere che le forze fedeli al governo di Fayez al Sarraj si spingeranno fino a Bengasi.

Sinora almeno 174 persone sono morte e altre 758 sono rimaste ferite nella battaglia tra le forze del premier libico Fayez al-Serraj e quelle del maresciallo Khalifa Haftar per il controllo di Tripoli. E' il bilancio fornito dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. Gli scontri nella zona meridionale della capitale libica hanno già spinto oltre 20 mila persone a lasciare le proprie abitazioni. Tra di loro, secondo l'Unicef, ci sono 7300 bambini

L'Onu accusa Haftar

E l'Onu, che ieri con l'inviato speciale Ghassan Salamè è stata netta nel dare ad Haftar le responsabilità per la crisi, riprova a fermare le operazioni militari chiedendo immediata de-escalation, cessate il fuoco e impegno per la fine delle ostilità in Libia. È quanto si afferma in una bozza di risoluzione elaborata dalla Gran Bretagna e arrivata sul tavolo del Consiglio di Sicurezza Onu. "La situazione in Libia continua a costituire una minaccia per la pace e la sicurezza - si legge nel documento - e quindi si chiede a tutte le parti un'immediata de-escalation, di impegnarsi per un cessate il fuoco e con le Nazioni Unite per garantire una completa cessazione delle ostilità in tutto il paese".

 Migranti, foreign fighters e prigionieri dell'Isis

"Siamo molto preoccupati per la crisi libica, abbiamo sempre lavorato e continueremo a lavorare per scongiurare una crisi umanitaria che può esporre al rischio dell'arrivo di foreign fighters sul nostro territorio. Bisogna assolutamente evitare l'escalation", ha detto stamani il premier Conte.

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Il governo Serraj è consapevole che questo è un tema molto sensibile per l'Europa, e al pari del tema migrazioni sul quale ventila esodi biblici, la gioca in maniera spregiudicata. “Con la guerra in Libia in corso centinaia di migliaia di migranti potranno raggiungere facilmente le coste europee. Ma può succedere anche di peggio“ ha detto il vicepremier libico Ahmed Maitig alla stampa estera, ricordando i “circa 400 prigionieri dell'Isis detenuti tra Tripoli e Misurata che potrebbero fuggire approfittando del caos”. Maitig ha ricordato che il suo governo “ha lavorato con la comunità internazionale per tenere prigionieri questi terroristi. E nonostante questo, oggi vediamo che alcuni partner supportano l'offensiva di Haftar".

Matig stamani ha visto il vicepremier Salvini, che è stato ben proto a rilanciare le preccupazioni sulle infiltrazioni terroristiche, un suo vecchio cavallo di battaglia. “Ho letto il presidente del Consiglio Conte che ha detto che c'è il rischio di terroristi islamici in partenza. E' quello - ha ribadito - che vado ripetendo da tempo. Me lo ha confermato il vicepremier libico stamattina. Ci sono almeno 500 terroristi detenuti nelle carceri in Libia, non vorremmo vederli arrivare via mare. Se il presidente del Consiglio denuncia il rischio terroristi islamici, dichiarare di aprire i porti mi sembra suicida”. 

A lui risponde da Abu Dhabi Luigi Di Maio. "Credo che se davvero ci sono 800 mila profughi" diretti dalla Libia verso l'Italia " di certo non li fermi con una carta che si chiama direttiva, che nessuno ha mai ascoltato. Lo dico con tutta l'amicizia a Matteo Salvini, auspicando che non ci si illuda che la Libia si possa portare in campagna elettorale per le europee". "E' evidente - aggiunge su Facebook Di Maio - che occorre fin da subito studiare un piano europeo per prevenire una nuova emergenza. Ed è anche evidente che questo piano va studiato con tutti gli Stati membri, compresi quei governi, come quello di Orban, che se ne fregano e ci lasciano soli di fronte a un problema che non è certo nostro, ma di tutta l'Europa. Sono gli altri che devono aprire i porti e per 'altri' mi riferisco anche agli alleati della Lega. Ecco perché ho detto che bisogna fare molto di più che chiudere un porto. E ne sono convinto". 

Salvini avverte la nave Mare Jonio

Da qui muove 'l'ammonimento' firmato dal ministro dell'Interno Matteo Salvini alla nave 'Mare Jonio' che da due giorni è di nuovo in mare e dopo essere partita questa mattina da Lampedusa è diretta nella zona Search and Rescue libica. Salvini invita le autorità a vigilare affinché "il comandante e la proprietà della Nave 'Mare Jonio' - si legge nella direttiva emanata ieri dal Viminale - si attengano alle vigenti normative nazionali ed internazionali in materia di coordinamento delle attività di soccorso in mare e di idoneità tecnica dei mezzi impiegati per la citata attività; rispettino le prerogative di coordinamento delle Autorità straniere legittimamente titolate ai sensi della vigente normativa internazionale al coordinamento delle operazioni di soccorso in mare nelle proprie acque di responsabilità dichiarate e non contestate dai paesi costieri limitrofi; non reiterino condotte in contrasto con la vigente normativa nazionale ed internazionale in materia di soccorso in mare, di immigrazione, nonché con le istruzioni di coordinamento delle competenti Autorità".