Libia, bombardato centro di detenzione per migranti. Almeno 44 morti. "E' stato Haftar"

Tripoli accusa il generale a capo del Lna, il suo portavoce ammette: difetto tecnico. Le vittime sono quasi tutte immigrati africani, rinchiusi lì, secondo i media, a causa dei rimpatri della Guardia costiera libica

Bombardato centro detenzione migranti a Tripoli (Ansa)

Bombardato centro detenzione migranti a Tripoli (Ansa)

Tripoli, 3 luglio 2019  - Sale a 44 morti, secondo l'Unsmil, il bilancio delle vittime del bombardamento contro di un centro di detenzione per migranti alla periferia orientale di Tripoli. Le vittime sono quasi tutte immigrati africani, secondo le fonti ci sarebbero oltre 130 feriti, alcuni molto gravi, e il tragico bilancio è destinato a salire. Ghassan Salamé, Rappresentante speciale dell'Onu per la Libia, scrive: "Questa è la seconda volta che circa 600 migranti vengono attaccati da un bombardamento", e conclude: "Questo raid costituisce chiaramente un crimine di guerra".

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Le bombe hanno colpito un hangar a Tajoura, nella periferia a est della capitale libica. Il ministero dell'Interno di Tripoli conferma che le vittime erano detenute nella sezione bombardata, dove si trovavano in tutto 120 migranti. Nel complesso il centro ospita un totale di 610 persone. Secondo le autorità il numero dei "feriti fra i migranti illegali" è di 35. I sopravvissuti al bombardamento "sono stati condotti in posti sicuri".

Il governo di unità nazionale del primo ministro Fayez al Serraj ha accusato le forze dell'Esercito nazionale libico (Lna) del generale Khalifa Haftar. Lna ha respinto in un primo momento le accuse, ma in seguito Ahmed al Mismari, portavoce delle forze di Haftar, su Twitter ha ammesso il raid, giustificando la strage come un errore tecnico. "Le nostre forze aeree non sono state assegnate all'uccisione di innocenti, e le prime informazioni che ciò che è accaduto a Tajoura lo attribuiscono a un difetto tecnico nell'aereo".

La Libia è divisa tra due governi in guerra. Lna, che controlla gran parte dell'est e del sud del Paese, respinge le accuse. Un corrispondente di al-Jazeera ricorda che ''non è la prima volta che le forze di Haftar prendono di mira questo centro. Era già finito sotto attacco ad aprile, quando l'esercito del generale aveva iniziato la campagna per catturare Tripoli''.

Il governo appoggiato dagli Stati Uniti in una dichiarazione ha parlato di attacco "premeditato" e "preciso" e denunciato "il crimine odioso". Il ministero dell'Interno libico fa sapere, tramite il suo account Facebook, che "chiederà alla comunità internazionale e all'Unione africana di avviare un'inchiesta a proposito di questi crimini perpetrati dalle milizie di Haftar". 

In Libia in totale più di 5.800 migranti, stando a dati dell'Onu, sono impossibilitati a lasciare i centri di detenzione come quello di Tajoura. Le persone rinchiuse nel centro sono in maggioranza originarie di Eritrea, Somalia e Sudan. Alcuni media internazionali denunciano il fatto che molti erano rinchiusi lì a causa dei rimpatri della Guardia costiera libica finanziata dall'Unione Europea. Alcuni attendevano una soluzione al loro caso anche da due anni. 

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"I civili non dovrebbero mai essere bersaglio" è il commento dell'Alto commissariato dell'Onu per i rifugiati (Unhcr). "Unhcr è estremamente preoccupato per le notizie di bombardamenti contro il centro di detenzione di Tajoura a est di Tripoli e dei resoconti su rifugiati e migranti uccisi". 

Il governo italiano, tramite il ministro degli Esteri, Enzo Moavero, ha espresso  "la netta condanna dei bombardamenti indiscriminati di aree civili", che "si accompagna all'appello a fermare un aggravarsi delle ostilità che mette continuamente in gravissimo pericolo vite umane e distrugge infrastrutture essenziali per la popolazione. Occorre garantire, immediatamente, misure di seria protezione per i civili e, in particolare, trasferire i migranti che si trovano nelle strutture di raccolta in luoghi al sicuro dai combattimenti e sotto la tutela delle Nazioni Unite", ha spiegato il ministro.

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PD: NO SOSTEGNO MOTOVEDETTE LIBICHE - Il Partito democratico non parteciperà al voto sulla parte della risoluzione di maggioranza sulla Libia relativa alle motovedette e alla collaborazione tra guardia costiera italiana e libica. "Non partecipiamo al voto perchè non ci sono le condizioni. Tutte le iniziative, da 'Mare sicuro' a 'Sophia', alla stabilizzazione, al controllo nei campi di raccolta, soprattutto all'attività della guardia costiera libica sono state sostanzialmente abbandonate. Non c'è più vigilanza, non c'è più controllo, e quindi l'approccio integrato che si era scelto di fare con gli accordi precedentemente sottoscritti non è più rispettato", ha spiegato il capogruppo del Pd alla Camera, Graziano Delrio, al termine dell'assemblea dei deputati che si è svolta a Montecitorio prima del voto in Aula. In sostanza il Pd abbandona la linea Minniti. L'ex ministro, non a caso, ha lasciato la riunione appena prima della sua conclusione.