Leopoli (Ucraina), 5 marzo - L’odore di saldatura satura l’aria del magazzino, si attacca ai vestiti, il rumore è assordante. Eppure da uno scaffale traballante arriva la voce gracchiante di una vecchia radio che trasmette senza sosta gli aggiornamenti sulla guerra. Nel suo ufficio Volodymyr sfoglia la grossa agenda sui cui segna i tanti impegni di lavoro. La sua fonderia nella periferia di Leopoli è famosa nel Paese, le pagine sono fitte di commissioni anche dall’estero. Al giorno 24 febbraio c’è una parola segnata in rosso, poi più niente. "Guerra, ecco cosa c’è scritto". Da quel giorno non è cambiata solo la sua vita, ma anche il suo lavoro. "In tempi di pace produciamo opere d’arte in metallo, sculture monumentali, oggetti di design. Ora i miei operai saldano pezzi di ferro per fare cavalli di Frisia, strisce chiodate, protezioni per i giubbotti antiproiettili. Tutto quello che può servire per combattere o almeno fermare i russi". Lavorano 10-12 ore al giorno senza sosta anche se chiamarlo lavoro forse è sbagliato, perché qui si produce gratuitamente per la causa ucraina. È la loro forma di partecipazione alla resistenza. "Attenti agli occhi, non fissate la luce della saldatrice. Ah, e attenti agli spuntoni, potreste tagliarvi. Attenti anche alle punte metalliche, quelle sono come rasoi". Bogdan ci guida all’interno di uno dei capannoni dove tre operai stanno ultimando la fabbricazione di lunghe catene ‘armate’. Dicono che sono "le collane per Putin". Una volta ultimate le trascinano fuori producendo un suono graffiante che mette i brividi. Nel piazzale le raccolgono e infilano in scatoloni che una volta chiusi sembrano destinate a normalissime consegne. Le spediamo al fronte, a Kiev, Kharkiv, nel Donbass, dove c’è bisogno di bloccare l’avanzata dei russi. Una parte però resta qui a Leopoli, non si può mai sapere", spiega Bogdan, 28 ...
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