Leopard e Abrams a Kiev: "Primi tank tra 3 mesi, guerra ancora lunga"

Come cambia il conflitto, il generale Camporini: "Carri armati agili e letali, ma possono diventare bersagli". Missili ipersonici su Kiev: Mosca reagisce bombardando a tappeto l’Ucraina e chiude al dialogo: "Non ci sono le condizioni in questo momento per discutere di pace"

Roma, 27 gennaio 2023 - C’è chi parla di svolta, chi addirittura di vittoria vicina. L’invio di carri armati Leopard e degli americani Abrams è un passo importante. Ieri, peraltro, il Canada ha promesso altri quattro tank. Ma la Russia è tornata a bombardare Kiev con violenza, usando anche i missili ipersonici e la guerra è destinata a continuare a lungo. Putin è determinato a puntare tutto sul logoramento degli ucraini e del blocco occidentale. "Il Leopard – spiega Vincenzo Camporini, generale ed ex capo di Stato Maggiore delle Forze Armate – è un carro che ha una velocità sul terreno impressionante per i mezzi della sua categoria. Supera i 70 chilometri orari e può sparare in movimento, cosa che fino alla sua comparsa non era possibile e che lo rende particolarmente agile e letale. Ma va anche impiegato in modo adeguato. Il carro mandato da solo allo sbaraglio diventa un bersaglio ideale. Ed è quello che hanno imparato a loro spese i russi. Il carro integrato con gli elementi di supporto diventa il mezzo ideale".

Samp-T, come funziona e quanto costa

Sistemi di difesa aerea Samp-T all'Ucraina: Italia e Francia vicine all'intesa

Il cancelliere tedesco Olaf Scholz vicino a un Leopard 2
Il cancelliere tedesco Olaf Scholz vicino a un Leopard 2

Non solo motivazione, quindi, ma anche tanta tattica. Secondo il generale Camporini, su quella gli ucraini sono già stati istruiti a dovere. Altra cosa, però è imparare a guidarlo, un carro armato così. "Hanno parlato di un periodo di addestramento di 4-6 settimane – continua Camporini –. Mi sembra un lasso di tempo congruo per imparare a condurlo e utilizzare la strumentazione di bordo. Anche perché la Russia prima di intervenire con una grande offensiva di terra deve almeno aspettare che l’inverno sia finito".

Proprio le intenzioni del presidente Putin sono quelle che preoccupano maggiormente Kiev. Da mesi, si rincorrono voci sulla preparazione di una grande offensiva di terra, da almeno mezzo milione di uomini, che dovrebbe avere luogo in aprile, quando le condizioni climatiche lo permetteranno. Una delle variabili fondamentali, per la durata del conflitto, è capire cose ne sarà del presidente russo, che proprio su questa "operazione militare speciale", come la chiamano in Russia, ha scommesso tutto il suo futuro politico, a partire dalla rielezione del 2024. Ma perché questo avvenga, Putin deve presentarsi davanti al popolo russo e deve dire che, almeno in qualche modo, ha vinto.

"Una possibilità – spiega a Gastone Breccia – è che durante l’offensiva di terra i russi cerchino di raggiungere i limiti delle oblast di Donetsk e Lugansk. Non possono più sperare di passare il Dnipro e riprendere Kherson. Ormai ci hanno rinunciato. A quel punto, messo in sicurezza il Donbass potrebbero decidere di fermare i combattimenti e aprire un negoziato". I carri armati, dunque, servono, ma di certo di miracoli non ne fanno. "Per prima cosa – sottolinea Breccia – bisogna vedere quanti ne arrivano. Una trentina sono ininfluenti, se ne arrivano un centinaio possono essere utili a contrattaccare oppure a rintuzzare quello che potrebbe essere uno sfondamento, una penetrazione pericolosa da parte delle forze russe".

Chi spera in una soluzione rapida del conflitto, poi, è destinato a rimanere deluso. Se per Gastone Breccia la guerra potrebbe andare avanti ancora un altro anno, per il generale Camporini, se ne rischiano addirittura altri due. Putin ha uomini e mezzi corazzati che la Russia non ha ancora utilizzato. La speranza è che, più che i Leopard, entrino a pieno regime le conseguenze delle sanzioni. A quel punto il Cremlino dovrebbe fare i conti anche con il malcontento del popolo russo, che ha sempre più difficoltà economiche e che ha visto migliaia di giovani non tornare più a casa. E la fine della guerra potrebbe essere più vicina.