Ottaviani
Il presidente russo, Vladimir Putin, si riprende la scena con una conferenza di fine anno, la prima da quando è iniziata la guerra in Ucraina, che gli è servita non solo per rilanciare la sua figura nel panorama internazionale, ma anche per lanciare dei messaggi se non di distensione, almeno di apertura, a Europa e Stati Uniti. Il tutto, a patto che diano ragione alla Russia, soprattutto per quanto sta succedendo in Ucraina. Il capo del Cremlino ha parlato per oltre quattro ore, in quella che alcuni hanno definito più che una conferenza, un monologo.
Ha iniziato affrontando la difficile situazione internazionale e attaccando Kiev in un momento in cui le sorti della guerra sembrano essere più incerte che mai e più a favore della Russia. "Non ci fermeremo fino a quando i nostri obiettivi non saranno raggiunti" ha detto Putin specificando subito dopo che l’Ucraina deve essere denazificata, smilitarizzata e dichiarata Paese neutro. Fuori dalla Nato, dunque, e senza nemmeno la possibilità di difendersi da altre aggressioni.
I soldati di Mosca rimangono sul campo, dunque. La rinuncia al richiamo dei coscritti, ha sottolineato Putin, è possibile grazie al gran numero di volontari che si arruolano sotto contratto, 486mila nell’ultimo anno. Ciò ha fatto sì che attualmente dei 617mila uomini impegnati sui 2.000 chilometri del fronte, solo 244mila sono riservisti richiamati alle armi, mentre la maggioranza sono professionisti. Per il segretario generale della Nato Stoltenberg, le parole di Putin confermano che la Russia "si sta preparando a una lunga e dura guerra" e quindi è necessario continuare l’assistenza militare a Kiev. Anche perché "se Putin vince in Ucraina, c’è il rischio concreto che la sua aggressione non finisca lì". Cioè che decida di attaccare Paesi dell’Alleanza Atlantica.
Il numero uno del Cremlino ha dichiarato Odessa una città russa a tutti gli effetti. Segno che il suo desiderio di conquista non è ancora stato soddisfatto. È un Putin che si sta avvantaggiando della situazione in Medio Oriente e che, voltate le spalle a Israele, è entrato a fare parte di quella cordata a trazione cinese della quale fanno parte, in modo discontinuo anche Turchia, Iran e Arabia Saudita. Tutti Paesi con i quali è in contatto sempre più stretto. Nei piani presidenziali c’è anche la costruzione di un ospedale sulla Striscia di Gaza. Una mossa che gli servirebbe per controllare il territorio, una volta che le forze armate di Israele si saranno ritirate e quindi di rientrare in grande stile nella partita mediorientale. Vista così, sembrerebbe non poter andare peggio. Il presidente russo, però, è bravissimo a raccontare la sua versione dei fatti come se fosse l’unica e quindi se ne è guardato bene dal diffondere particolari sulle reali condizioni economiche del Paese e soprattutto sul numero di soldati morti in Ucraina.
Quello che invece ha fatto è aprire, seppure alla sua maniera, a Europa e Stati Uniti. Con gli Usa – ha detto – è "giusto e importante" ricucire i rapporti. Una mano tesa al presidente americano Biden. Sperando forse che il successore sia Donald Trump, notoriamente molto più ben disposto nei confronti di Mosca. Poi si è soffermato su vari aspetti della sua vita privata, dal sogno da bambino di diventare pilota d’aereo alla passione per le uova strapazzate, che lo ha portato a mangiarne anche dieci per colazione.