"L’Ue deve prendere l’iniziativa e parlare chiaramente a Mosca e a Kiev per trovare le possibili vie d’uscita, tutto il resto sono chiacchiere e distintivo". Così Vittorio Emanuele Parsi ordinario di Relazioni Internazionali all’Università Cattolica di Milano. Professor Parsi, quale può essere una agenda per la trattativa? Cosa dovremmo dire a Kiev? "Bisogna cominciare a parlare riservatamente con gli ucraini e dirgli: noi vi sosteniamo in maniera determinata, ma dovete capire che il costo politico di questo sostegno aumenta mano a mano che la guerra va avanti, perché le opinioni pubbliche sono preoccupate, perché ci sono posizioni non identiche tra i vari governi occidentali, perché ci sono tanti megafoni della propaganda russa". Questo significa anche suggerire agli ucraini di ragionare su concessioni territoriali? "Non si può andare a dire a un governo: devi cedere parte del tuo territorio. È l’approccio Kissinger: concedere territori sulla pelle degli ucraini. Gli ucraini non possono accettarlo. Quel che si può invece dire è: il sostegno ha un costo politico, e potrebbe arrivare un giorno, tra sei mesi, un anno o tra due anni, nel quale il costo di questo sostegno diventi difficilmente sostenibile o magari insostenibile. Gli ucraini faranno le loro valutazioni. Senza minacce e forzature, ma bisogna ragionare con loro, sulla base di un discorso di realismo politico". Zelensky ha sempre detto che non c’è disponibilità a concessioni territoriali, ma anche che tentare di riconquistare la Crimea costerebbe centinaia di migliaia di morti. "Nessuno ha riconosciuto l’annessione della Crimea, e questo non cambierà. Zelensky è realista e non sogna di riprendersi la Crimea militarmente, ma da lì a riconoscere formalmente l’amputazione territoriale della sua patria, ce ne corre". E ai russi, che dire? "Con Mosca la sola linea che funziona è quella della fermezza. Gli va detto: toglietevi di testa il fatto che ...
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