La svolta di Israele a destra I nazionalisti religiosi al governo Netanyahu spaventa Usa e Ue

Nuovo esecutivo (il sesto di Bibi) sostenuto da ebrei ortodossi e dai coloni in Cisgiordania. Potere giudiziario e tv pubblica nel mirino. Il premier punta alla pace con l’Arabia Saudita

Il primo ministro di Israele Benjamin Netanyahu

Il primo ministro di Israele Benjamin Netanyahu

Roma, 23 dicembre 2022 - Sulla scia di una vittoria elettorale perentoria, Benyamin Netanyahu si accinge a pilotare nei prossimi anni Israele alla guida di un governo composto per metà dal suo partito Likud (in cui la corrente liberale è stata ormai marginalizzata) assieme con due partiti di ebrei ortodossi e con tre liste di estrema destra legate al nazionalismo-religioso e al movimento dei coloni ebrei in Cisgiordania. Sarà un Israele molto diverso da quello conosciuto finora.

Ritenendosi vittima di una congiura ordita anni fa dalla magistratura e da elementi in seno alla polizia per rimuoverlo dal potere, Netanyahu – che è tuttora impegnato nel tribunale distrettuale di Gerusalemme in un processo per corruzione e frod e– intende ora ridefinire radicalmente i rapporti fra potere politico e giudiziario, a scapito del secondo. La cittadella da espugnare – hanno già anticipato i suoi più stretti collaboratori – è quella della Corte Suprema.

Fra i nemici interni da piegare, agli occhi del Likud, anche i mezzi di comunicazione. Il più in vista al momento è Kan, l’ente pubblico delle trasmissioni radio-televisive, che ha già appreso da un deputato del Likud che il suo margine di manovra dovrà essere adesso ridefinito. Nel sistema educativo il nuovo esecutivo di Netanyahu preannuncia riforme radicali. Lo studio della religione ebraica sarà potenziato, anche nelle scuole laiche. Incentivi saranno inoltre garantiti alle istituzioni religiose: anche a quelle ultra-ortodosse che per motivi ideologici si sono sempre rifiutate di insegnare materie di carattere generale, come inglese, storia e matematica. La minoranza degli ebrei ortodossi (oltre il 10 per cento della popolazione, in costante crescita demografica) godrà di un grado più elevato di autonomia.

La accresciuta intimità fra governo ed ortodossia ebraica rischia di riflettersi negativamente sui rapporti Israele-Diaspora. Dalle nuove posizioni di potere gli ortodossi preannunciano una lotta acerrima contro le correnti di ebrei riformati o conservativi negli Stati Uniti e contro una immigrazione ‘"non sufficientemente selettiva’", secondo loro, da Russia e Ucraina.

In Cisgiordania un delicato incarico affidato da decenni al ministro della difesa – quello della gestione dell’Amministrazione civile – passerà adesso a un esponente del partito del Sionismo religioso, che è fautore di una annessione a Israele degli insediamenti ebraici. Alla nuova carica di ‘ministro per la sicurezza nazionale’ Netanyahu ha scelto il leader del partito di estrema destra ‘Otzmà Yehudit’ (Potenza ebraica) Itamar Ben Gvir che negli anni Novanta, ancora adolescente, era un attivista del movimento di estrema destra Kach, poi messo fuori legge per terrorismo. Dopo essere stato spesso in prima fila in manifestazioni anti-palestinesi Ben Gvir ha poi intrapreso una brillante carriera di avvocato. Adesso sarà lui a definire la linea di condotta per la polizia israeliana e dei reparti della Guardia di frontiera, per debellare una grave ondata di criminalità.

Netanyahu che, con l’amministrazione Trump, ha ottenuto successi regionali brillanti fra cui il riconoscimento Usa di Gerusalemme capitale di Israele e dell’annessione del Golan, nonche’ gli ‘Accordi di Abramo’ con Emirati, Bahrein, Sudan e Marocco, ha anticipato adesso che il suo prossimo obiettivo regionale è la pace con l’Arabia Saudita. Essa, a suo parere, trascinerà con sé anche un accordo con i palestinesi. Il suo status internazionale resta invidiabile: ancora ieri ha ricevuto calorose telefonate di congratulazioni sia da Vladimir Putin sia da Volodymyr Zelensky. Ma i suoi accordi di governo con i partiti ortodossi e con la destra radicale sollevano forti inquietudini sia negli Stati Uniti sia nell’Unione Europea. Il loro timore è che la nuova classe politica israeliana si stia allontanando dai modelli della democrazia occidentale. Preoccupazioni infondate, secondo Netanyahu. "Quali che siano i miei partner – ha spiegato – saro’ sempre io a tenere due mani sul volante".