Sabato 12 Luglio 2025
LORENZO MANTIGLIONI
Esteri

La strana guerra dei 12 giorni

Svolte, dietrofront e raid telefonati "Israele ha spento i fari su Gaza" .

Nella notte fra domenica e lunedì i bombardieri americani B-2 hanno colpito i siti nucleari dell’Iran

Nella notte fra domenica e lunedì i bombardieri americani B-2 hanno colpito i siti nucleari dell’Iran

"L’attacco degli Stati Uniti all’Iran è stato un successo, ma Teheran adesso farà più fatica a fidarsi di Washington e potrebbe accelerare nel dotarsi di una bomba nucleare". Con questa considerazione del ricercatore Ispi, Luigi Toninelli, è possibile cominciare a comprendere ciò che è successo in Medio Oriente negli ultimi giorni.

IL RAPPORTO AIEA

Lo scontro armato tra Israele e Iran, iniziato venerdì 13 giugno, è scoppiato a seguito del rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica in cui si segnalavano alcuni comportamenti opachi della Repubblica islamica. "La guerra comincia anche per il rapporto di Aiea – continua Toninelli –. Tel Aviv, infatti, aveva bisogno di distogliere l’attenzione su Gaza, dato che c’erano notevoli pressioni da parte dell’Occidente, e voleva minare il negoziato sul programma nucleare tra Usa e Iran".

IPOTESI ’REGIME CHANGE’

Dopo i primi giorni di attacchi reciproci, sono stati ipotizzati non solo un regime change ma anche la possibile eliminazione della Guida suprema. "Una strategia difficile da attuare – spiega il ricercatore –. Senza contare che la popolazione persiana si è stretta intorno all’ayatollah, vedendo Netanyahu come un nemico".

TRUMP ONDIVAGO

In queste quasi due settimane di conflitto, si è registrato inoltre un comportamento ondivago del presidente americano Donald Trump. Prima ha spinto per la mediazione, poi ha chiesto la resa incondizionata della Repubblica islamica e infine ha deciso di bombardare i siti nucleari di Natanz, Fordow ed Esfahan, nonostante avesse dichiarato di prendersi quattordici giorni per vagliare le opzioni sul tavolo. "Trump è sicuramente imprevedibile – prosegue Toninelli – e cerca la sintesi tra i suoi sostenitori più isolazionisti, ovvero i Maga, e i neoconservatori, che invece sono più favorevoli a una politica interventista. Da tempo ha adottato una politica estera muscolare, pensando così di portare la controparte al tavolo delle trattative, ma rischia di fallire".

IL RUOLO DI NETANYAHU

Di difficile interpretazione è anche il peso che in questo momento vanta Netanyahu nei confronti dell’amministrazione Usa, tanto da far sembrare che sia stata Tel Aviv a imporre le mosse a Washington. "Sicuramente Netanyahu ha avuto un ruolo nel convincimento di Donald Trump nel compiere l’attacco – dice il ricercatore –. Ma non bisogna dimenticare i ‘falchi’ vicini al presidente americano e l’attività di lobbying che Israele è in grado mettere in atto".

LA REAZIONE SOFT DELL’IRAN

Lunedì scorso è arrivata la rappresaglia dell’Iran contro la base americana di Al Udeid, in Qatar. Un attacco preannunciato sia a Doha che a Washington, tanto che lo stesso Trump ha ringraziato Teheran per un raid che non ha comportato alcuna vittima. "Un’operazione che serviva all’Iran per replicare ai bombardamenti Usa – sostiene Toninelli –, senza alzare le tensioni. Sarà importante però capire quanto la rappresaglia persiana abbia degradato i rapporti con il Qatar e con gli altri Paesi del Golfo". Sempre lo stesso Trump, proprio nelle ultime ore, ha annunciato un cessate il fuoco che entrambe le parti hanno però violato. "Israele e Iran non sanno più cosa c… stiano facendo", ha dichiarato il presidente statunitense prima di volare al vertice della Nato.