Sabato 19 Aprile 2025
GIOVANNI ROSSI
Esteri

La retromarcia di Trump

Sospende i dazi per 90 giorni. Ma alza la barriera anti-Cina al 125%. .

Il presidente Usa Donald Trump gesticola mentre si prepara a firmare diversi ordini esecutivi per incrementare la produzione di carbone

Il presidente Usa Donald Trump gesticola mentre si prepara a firmare diversi ordini esecutivi per incrementare la produzione di carbone

Avvicinandosi al sicuro schianto, Donald Trump fa retromarcia. "Bisogna essere flessibili", dice. Così corregge la linea ’Usa contro tutti’ e sterilizza l’aumento delle barriere tariffarie appena scattate: "Pausa di 90 giorni e dazi reciproci e al 10% con effetto immediato" (mentre restano in vigore quelli su auto e alluminio). Eccezione negativa la Cina, con barriere elevate "al 125%" che fanno infuriare Pechino. Anche Canada e Messico, orgogliosi confinanti, non beneficeranno della sospensione. Ma il resto del mondo sì.

È la svolta che serve ai mercati per volare: Wall Street s’impenna (DJ +7,8%, S&P +9%, Nasdaq +12%). Oggi toccherà agli altri listini. Non a caso le contrattazioni After hours di Piazza Affari segnalano rialzi immediati. Ed è una manna, dopo i crolli pre retromarcia: giù Milano (-2,4%), il resto d’Europa (Francoforte -2,8%, Parigi -3%, Madrid -2,6%, Londra -3%) e quasi tutta l’Asia (Tokyo -3,9%, Seul -1,7%), con l’unica eccezione della Cina (Shanghai + 1,3%). Ma adesso il quadro è in totale evoluzione. Vedi petrolio tornato oltre i 62 dollari al barile.

La virata della Casa Bianca – ipotizzata nei giorni scorsi e poi smentita – arriva a nemmeno 24 ore dagli insulti a partner commerciali e alleati. C’è il Trump 1 dazista sfottente che recita così di fronte al Comitato nazionale repubblicano: "Questi Paesi ci stanno chiamando. Mi stanno baciando il culo. Muoiono dalla voglia di raggiungere un accordo. “Per favore... per favore, signore, trovate un accordo... Farò tutto il necessario, signore“". E c’è il Trump 2 colomba pasquale che su Truth tuba elogi agli stessi 70-75 Paesi di prima, a loro volta premiati dalla pausa tariffaria perché "hanno chiamato i rappresentanti degli Stati Uniti per negoziare una soluzione", senza "reagire" né ipotizzare alcuna "ritorsione". E c’è infine il Trump 3 che cerca di mettere sotto Pechino: "A causa della mancanza di rispetto della Cina per i mercati mondiali, ho deciso di alzare i dazi sulla Cina al 125% con effetto immediato".

Mentre Trump imprime la svolta e la comunica al mondo via Truth, al suo fianco ci sono i fautori della sterzata: il segretario al Tesoro Scott Bessent e quello al Commercio Howard Lutnick. Il dietrofront di The Donald, che la sua portavoce prova a spacciare per sagacia negoziale, matura invece per la necessità di mantenere il consenso in uno scenario diventato improvvisamente troppo scivoloso: mercati ribassisti; Silicon Valley sul piede di guerra; antiamericanismo crescente a tutte le latitudini; perplessità dei grandi banchieri sulla tenuta del dollaro come valuta globale di riferimento; alleanze storiche militari e politiche in straordinaria tensione; prime fronde all’interno delle fila repubblicane; seri dubbi di analisti e produttori sulla compatibilità di un piano di reindustrializzazione del Paese nell’attuale scenario divisivo; e, soprattutto, timore di una saldatura strategico-emotiva tra Unione europea e Cina, detentrici di quote rilevanti del debito pubblico americano sotto particolare pressione dal 2 aprile. Ora ci sono 90 giorni per discutere.

Ma la volontà di Trump di convincere le società americane a rilocalizzarsi negli Stati Uniti per sottrarsi ai nuovi dazi (e quelle straniere ad aprire nuove fabbriche) non pare al momento compatibile con le strettoie del mercato. Almeno il rischio recessione pare però scemare. Lo sostiene un report di Goldman Sachs, tempestivamente rilanciato per iniettare ulteriore fiducia sui mercati. Ora resta aperta la frattura con la Cina, un’incognita anche per Washington. A modo suo, Trump apre a Xi: "È in gamba, mi piace: credo raggiungeremo un accordo vantaggioso".