Roma, 15 giugno 2025 – Un mondo arabo in trasformazione, che guarda ai fatti degli ultimi giorni alla luce della propria situazione peculiare. Giorgio Cella, analista di politica internazionale della fondazione Med-Or ha spiegato come il mondo arabo sta vivendo questo conflitto fra Israele e Iran.
Professor Cella, come sta vivendo questo conflitto il mondo arabo ? E che ripercussioni ci saranno nei rapporti con Israele?
"Per rispondere a questa domanda occorre osservare gli allineamenti che si erano costituiti agli inizi per le negoziazioni degli Accordi di Abramo. Emirati Arabi e Arabia Saudita preferiscono rimanere dietro le quinte, non esporsi anche perché hanno benefici economici non indifferenti dall’innalzamento del prezzo del petrolio. Un beneficio condiviso anche dalla Russia, fra le altre cose. Allo stesso tempo, però, vogliono scongiurare l’allargamento del conflitto. Penso che per loro lo scenario più positivo sarebbe il crollo del regime, ma chiaramente qui siamo nel campo delle ipotesi".

Ci sono differenze di approccio fra il conflitto contro l’Iran e la situazione sulla Striscia di Gaza?
"Diciamo che l’Iran è meno percepito emotivamente come tema per via della divisione fra sunniti e sciiti. Anche se poi alcuni Paesi sunniti hanno relazioni con Teheran. C’è anche il tema della Repubblica Islamica come pericolosa potenza nucleare, e questo preoccupa tutti. Gaza è una situazione drammatica, dove le conseguenze vengono patite dalla popolazione civile e che calamita la solidarietà di tutto il mondo arabo, ma direi anche dell’opinione pubblica internazionale".
Ci sono altri due Paesi che ‘dipendono’ da questo conflitto: il Libano e la Siria. Partiamo dal primo, come vedono a Beirut gli eventi in corso?
"Dai fatti seguiti al 7 ottobre, tutta l’azione bellica israeliana ha portato a un Libano in trasformazione. Hezbollah non è sconfitto, non è scomparso, ma è sicuramente ridotto male e l’esercito libanese vuole prendere sempre di più il controllo del territorio. La situazione in Siria è diversa".
In che senso?
"C’è stato un ribaltamento della situazione rispetto al periodo precedente alla fuga su Bashar al-Assad. E ci sono molti Paesi interessati a questo nuovo corso. Il nuovo presidente Ahmad Al Shara è un leader molto furbo e maturato rispetto al passato, con una traiettoria politica e militare precipua. L’Iran non sarà più la potenza di influenza in Siria, ma sarà l’Arabia Saudita di Mohammad Bin Salman, a cui si aggiungono i contatti presi con gli Stati Uniti".
Parlava di un ipotetico cambio di regime in Iran. Posto che siamo nel campo delle supposizioni, cosa potrebbe succedere?
"In questi casi si ragiona con lo scenario peggiore e quello migliore, dove, però, in mezzo, possono esserci sfumature. Il primo potrebbe essere rappresentato da un caos interno all’Iran sul quale dovranno intervenire le potenze medie regionali, o con la diplomazia o con operazioni ibride per placare il tutto. La seconda prevederebbe un cambio di regime pacifico. Però poi qui si dovrebbe vedere quale natura potrebbe avere l’Iran del futuro, se monarchica, tradizionale, ma con un impianto più democratico".