Giovedì 25 Aprile 2024

Cosa succede in Kosovo, l’esperto: “Scontri annunciati e c’è il rischio che si ripetano”

Da Pristina parla Paolo Bergamaschi di Osservatorio Balcani: “Nazionalismo contro nazionalismo tra serbi e kosovari di etnia albanese”

Pristina, 30 maggio 2023 – “Io ero a Zvecan domenica e si sapeva che sarebbero scoppiati incidenti. C’erano già stati scontri venerdì quando i nuovi sindaci avevano cercato di forzare l’accesso ai municipi e lunedì era atteso che quando i sindaci avessero provato a entrare i serbi avrebbero risposto con forza, creando incidenti. Ciò nonostante i sindaci di etnia albanese hanno provato a entrare contro il pressante suggerimento degli ambasciatori del Quint (Italia, Francia, Germania, Gran Bretagna, Stati Uniti) ed è puntualmente successo quel che si temeva. Sono scontri annunciati e che i leader delle due comunità sapevano che sarebbero successi“. Così da Pristina parla Paolo Bergamaschi di Osservatorio Balcani, già per 24 anni consigliere politico presso la commissione esteri del Parlamento europeo e autore di ‘Kosovo tra esistenza, resistenza e coesistenza’, Infinito edizioni.

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Tutti, serbi e kosovari di etnia albanese, hanno quindi la loro responsabilità? “Il primo ministro del Kosovo, sconsigliato dalla comunità internazionale, ha cercato la prova di forza per dimostrare che il controllo anche nei territori a maggioranza serba, e tra l’altro nel mandare i corpi speciali di polizia, invio che dovrebbe essere concordato con Kfor, l’ha comunicato solo pochi minuti prima. I leader serbi da parte loro solo non aspettavano altro per accusare gli albanesi di volere prevaricare la comunità serba piazzando nel nord Kosovo dei sindaci che non rappresentavano nessuno. Venerdì c’è stata la grande manifestazione a sostegno del presidente serbo Alexandar Vucic, che di fatto ha lasciato che la piazza facesse quel che ha fatto e ora può gridare alla provocazione, all’aggressione e proclamare lo stato di allerta nazionale, giocando sul nazionalismo per rafforzarsi. È nazionalismo contro nazionalismo e così non si va da nessuna parte”.

Il 27 febbraio però i due leader avevano firmato una intesa di massima a Bruxelles, poi confermata il 18 marzo a Ohrid, per la normalizzazione delle relazioni. Perché la situazione è precipitata? “Perché subito dopo aver trovato l’accordo, sul quale non c’è nessuna firma, il presidente serbo Vucic ha detto che per lui c’erano delle linee rosse e la prima è quella che non avrebbe rispettato l’impegno a non intralciare l’ingresso del Kosovo in organizzazioni internazionali. Quindi ha ribadito che nell’implementazione bisogna innanzitutto creare le comunità delle municipalità serbe e poi viene il resto. E ovviamente gli albanesi sulla comunità delle municipalità serbe hanno un forte pregiudizio: temono che si crei qualcosa di simile alla Repubblica Srpska in Bosnia, che si crei una enclave serba che dimezzerebbe la sovranità del Kosovo, e hanno detto che, nonostante che la comunità fosse negli accordi del 27 febbraio, se era quella la priorità allora non se ne parlava“.

Come mai i serbi non hanno partecipato alle elezioni comunali, permettendo così agli albanesi di vincerle? “Nel novembre dello scorso anno si è aperta la questione delle targhe automobilistiche: nella parte nord del Kosovo ancora si usavano le targhe della Serbia, e i kosovari, forti di un accordo, hanno deciso di annunciare che chi non avesse cambiato la targa sarebbe stato multato e se non avesse ottemperato alla conversione avrebbe poi anche visto il sequestro del suo veicolo. Il capo della polizia del Nord Kosovo, un serbo, si è rifiutato di applicare questa disposizione e il premier kosovaro Kurti l’ha licenziato, innescando la reazione dei leader serbi locali che, con il consenso di Belgrado, si sono dimessi da tutte le istituzioni kosovare: più di 500 persone si sono dimesse in blocco. Deputati, sindaci, consiglieri, tutti. Si è creato un vuoto istituzionale e così Kurti ha detto che le elezioni comunali che dovevano tenersi a dicembre sarebbero state anticipate al 23 aprile. Così è stato, nelle 4 municipalità in questione. I serbi le hanno boicottate e ha votato solo il 3,5% della popolazione, cioè hanno votato solo i pochi kosovari albanesi presenti in quelle zone. Che hanno eletto sindaci kosovari. Conseguente la protesta dei serbi che non li volevano fare entrare nei municipi perché non rappresentativi. E da qui, gli scontri“.

Si rischiano altri scontri di piazza o anche una escalation militare? “Altri scontri come quelli di venerdì o di lunedì, il rischio c’è, anche se Kfor da un punto di vista militare e gli ambasciatori e i ministri dal un punto di vista politico lavorano attivamente per raffreddare la situazione. Escalation militare, non credo“.

Come sbloccare la situazione? “Con una trattativa serrata, con l’Ue impegnata con grande decisione. E dovrà essere una Ue super partes. Purtroppo per ora l’inviato di Borrell ha proposto una sequenza temporale dell’implementazione dell’accordo che a incontro alle preoccupazioni serbe. E gli albanesi sono imbufaliti”.

Quanto lontani siamo da una soluzione? “Non siamo neppure in mezzo al guado. Vucic è sotto forte contestazione in Serbia, nel richiamo nazionalistico si rafforza e usa l’implementazione dell’accordo in Kosovo come assicurazione sula sua vita politica. dice all’occidente: senza di me, l’accordo salta. Se fate pressione sulla piazza contro di me, il Kosovo torna una polveriera. I kosovari da parte loro non si fidano dei serbi e così la pace è auspicata da tutti, ma resta lontana”.