
Dalla base. di Whiteman (Missouri) si sono levati in volo sei bombardieri B-2, gli unici capaci di trasportare la Massive Ordnance Penetrator, la bomba in grado di distruggere l’impianto nucleare. iraniano di Fordow
di Marta Ottaviani
ROMA
"Khamenei è introvabile". Parola del sito americano Axios, che cita tre funzionari statunitensi e una fonte a conoscenza della vicenda. Quale? L’incontro segreto a Istanbul tra Iran e Usa che hanno tentato di organizzare Donald Trump e il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, per riprendere i negoziati. Il regista dell’operazione è stato il numero uno di Ankara, ma l’impossibilità per l’ayatollah Khamenei di approvare l’iniziativa ha fatto saltare tutto. Il tempo stringe, anche perché quello che sembrava un regolamento di conti definitivo fra due Paesi da sempre nemici, Israele e Iran, si sta trasformando in un conflitto allargato, dove entrano in gioco altri due attori contrapposti: da una parte gli Stati Uniti, dall’altra la Cina, con la Russia che ormai agisce come un proxy di Pechino.
"L’AVVOCATO" PUTIN
Ieri il presidente russo, Vladimir Putin, ha preso le difese dell’Iran, da sempre grande alleato di Mosca, che ha sostenuto — e non poco — durante la guerra in Ucraina. Il numero uno del Cremlino ha affermato, sostanzialmente, che la Repubblica Islamica non ha un programma pericoloso per la sicurezza di Israele: "L’Iran ha diritto a programmi per l’uso della tecnologia nucleare a scopi pacifici" e la Russia è pronta a fornire "tutta l’assistenza e il sostegno necessari". Il presidente ha anche aggiunto che l’Aiea non ha prove che Teheran stia sviluppando un’arma atomica, e che questo è stato più volte segnalato a Israele — che però, evidentemente, non si fida.
LE AMBIGUITÀ DELLA CINA
La Cina è il vero convitato di pietra di questo conflitto. Pechino ha in essere contratti importanti con Teheran: è un grande acquirente del suo gas naturale e del suo petrolio, particolare che aiuta non poco la Repubblica Islamica ad aggirare le sanzioni internazionali, anche grazie all’aiuto di banche compiacenti. Inoltre, dallo stretto di Hormuz, che l’Iran minaccia di chiudere, oltre alle fonti energetiche transitano migliaia di tonnellate di merci provenienti dai principali mercati cinesi. Il Dragone, ufficialmente, osserva gli sviluppi dall’esterno, proponendosi come mediatore. Anche per questo Trump sta cercando di riportare la palla in campo americano.
Ma Pechino ha anche intensificato le esercitazioni militari congiunte con l’Iran (l’ultima risale a pochi giorni prima dell’attacco) e, soprattutto, in questa guerra molto più estesa di quanto sembri, pesa il dubbio che sia più coinvolta di quanto le sue dichiarazioni ufficiali lascino intendere. Già in Ucraina è stata accusata di aver fornito armi — forse anche soldati — alla Russia. Secondo alcune indiscrezioni, lo stesso starebbe accadendo anche in Iran: tre velivoli, probabilmente carichi di armamenti provenienti dalla Cina, sarebbero stati avvistati nei cieli della Repubblica Islamica.
L’AFFONDO DI ISRAELE
Ma intanto dirigenti israeliani hanno detto agli Usa di non voler aspettare le due settimane concesse da Trump per vedere se l’Iran accetta di raggiungere un accordo sul nucleare e che Israele potrebbe agire da solo prima della scadenza, in particolare per colpire Fordow: lo sostiene la Reuters citando due fonti, che parlano di una telefonata tesa giovedì scorso. Tra i partecipanti israeliani il premier Netanyahu, il ministro della Difesa Israel Katz e il capo militare Eyal Zamir. Per gli Usa il vicepresidente JD Vance e il capo del Pentagono Pete Hegsethla guerra continua. Vance ha replicato che gli Stati Uniti non dovrebbero essere direttamente coinvolti e ha insinuato che gli israeliani stanno trascinando gli Stati Uniti in guerra con l’Iran.