Martedì 23 Aprile 2024

Kenya, cos'è la ‘setta del digiuno’. Centododici le vittime morte di stenti. Scomparse 360 persone, tra queste 200 bambini

Il culto imponeva di non mangiare per “poter vedere Gesù in paradiso”. In arresto il fondatore Paul Mackenzie Nthenge. Concluse le autopsie sui corpi dei cadaveri, alcuni deceduti per strangolamento

Kenya, proseguono le ricerche dei dispersi della 'setta del digiuno'

Kenya, proseguono le ricerche dei dispersi della 'setta del digiuno'

Smettere di mangiare e morire di stenti “per vedere Gesù” nell’altro mondo. Questa la ricompensa ultraterrena che speravano di ottenere gli adepti della setta religiosa ‘del digiuno’. E’ accaduto in Kenya, a Malindi, una città affacciata sulla costa dell’Oceano Indiano.

Sono stati centinaia i ‘fedeli’ che hanno scelto di mettere in pratica i precetti di Paul Mackenzie Nthenge, il sedicente pastore ora sotto custodia nelle celle della stazione di polizia di Malindi. Fondatore della chiesa ‘Good News International’, predicava il digiuno inducendo i suoi seguaci a morire d’inedia, dopo averli privati dei loro averi.

Molti dei loro cadaveri sono stati ritrovati all’interno di fosse comuni nella foresta di Shakaola, nell’entroterra della città. Da qui il ‘massacro di Shakaola’, come lo hanno definito i media quando, a metà aprile, era stato scoperto con il ritrovamento di 4 persone morte di stenti.

Stavano per essere seppellite in una delle fosse disseminate in un’area di circa 300 ettari, che da allora i poliziotti stanno scandagliando per cercare i presunti fedeli che risultano ancora dispersi.

Ad oggi, secondo la Croce Rossa keniana, sono almeno 360 quelli da rintracciare, tra cui circa 200 bambini. Atri 60 sono stati recuperati vivi ma in gravi condizioni di salute.

Le vittime accertate sono invece 112, ma si sospetta che in totale possano essere quasi 500. Su queste i patologi del governo keniano hanno oggi completato le autopsie, confermando alla Bbc che le morti sono avvenute a causa del digiuno e alcune anche per strangolamento e soffocamento. Tuttavia, è stata esclusa l'ipotesi avanzata all’inizio delle indagini che possano essere stati prelevati organi vitali dai loro corpi.

La polizia ha dichiarato ai media che riprenderà a scavare nella foresta di Shakaola, dove Nthenge possiede un terreno, alla ricerca di altre fosse comuni. 

Era questo il luogo in cui il capo della setta radunava i suoi seguaci per convincerli a digiunare, dopo aver sottratto loro ricchezze e beni materiali. Interi nuclei famigliari, con genitori e figli al seguito, che giungevano da diverse parti del Paese per cedergli tutto, convinti di ottenere in cambio un appezzamento di terreno nella foresta, dove vivere di preghiere e digiuni spirituali. E disposti anche a morire denutriti e asfissiati, in nome della setta di Mackenzie. Lo stesso che celebrava i loro funerali, come testimonia un ‘pentito’. 

Pochi giorni fa il presidente William Ruto ha costituito una commissione d’inchiesta speciale per avviare un’indagine approfondita sulla setta, il cui predicatore è indagato per genocidio, omicidi e istigazioni al suicidio. 

A guidare le indagini Jessie Lesiit, giudice dell’Alta Corte di Nairobi. A questa Ruto ha dato l’incarico di fare luce “sulle lacune legali, istituzionali, amministrative, di sicurezza e di intelligence che possono aver contribuito al verificarsi della tragedia di Shakahola”. 

Un “atto equiparabile al terrorismo”, come lo ha definito lo stesso presidente del Kenya. 

Intanto, per agevolare le ricerche dei dispersi, a Malindi sono stati allestiti “sportelli per il rintracciamento e la consulenza per i cittadini che suppongono che i loro parenti si siano uniti alla chiesa ‘Good News International’”, ha detto Hassan Musa, responsabile della regione costiera per la Croce Rossa.