
Nella delegazione il vice console italiano. Tajani convoca l’ambasciatore di Tel Aviv. .
di Aldo Baquis
L’esercito israeliano ha messo in fuga con "spari di avvertimento in aria" una trentina di diplomatici impegnati ieri in un sopralluogo coordinato con l’Autorità nazionale palestinese nella città cisgiordana di Jenin dove si registrano estesi danni alle infrastrutture per le operazioni militari condotte per mesi contro cellule armate locali. L’incidente – che ha provocato un coro di proteste internazionali, fra cui quella immediata del ministro degli esteri Antonio Tajani – è avvenuto mentre Israele è già oggetto di dure accuse collegate alla grave crisi umanitaria a Gaza e mentre da più parti vengono invocate sanzioni contro lo Stato ebraico. Nell’incidente a Jenin non si sono avute vittime. L’esercito ha espresso "rammarico per aver causato quell’inconveniente" e ha preannunciato un’inchiesta. Intanto – nella prima conferenza stampa convocata negli ultimi sei mesi – il premier Benyamin Netanyahu ha fatto comprendere agli israeliani che dovranno ancora stringere i denti: "Le nostre forze – ha precisato, riferendosi alle operazioni in corso a Gaza – occupano terreni sempre più estesi. Alla fine delle operazioni la Striscia intera sarà sotto un controllo di sicurezza israeliano".
"All’ingresso dal campo profughi di Jenin, che è sottoposto ad un assedio, i militari hanno fatto ricorso ad armi da fuoco mentre sul posto si trovavano diplomatici stranieri ed arabi – ha denunciato il vicepresidente palestinese Hussein a-Sheikh. – È stata un’aggressione brutale. La comunità internazionale deve reagire". Secondo l’Idf il tragitto della delegazione era stato concordato in precedenza, ma poi i partecipanti "hanno deviato" avvicinandosi ad una zona di pericolo. Da qui, gli spari di avvertimento, almeno una decina. Nel comunicato militare si afferma che i soldati che hanno aperto il fuoco hanno appreso solo a posteriori che la delegazione era composta da diplomatici. Ciò – replicano i media – malgrado essi fossero chiaramente riconoscibili a distanza come tali e non rappresentassero un pericolo. Francia, Portogallo e Spagna hanno convocato gli ambasciatori israeliani. "Le minacce contro i diplomatici sono inaccettabili" ha commentato Tajani, che ha convocato il diplomatico e ha parlato di condotta "inaccettabile", nonostante le scuse. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha poi spiegato che quella convocazione va vista anche nel contesto più ampio della situazione a Gaza. "La guerra a Gaza deve terminare" ha ribadito Tajani.
Sul terreno l’esercito israeliano continua ad inoltrare rinforzi, ma le truppe sono sostanzialmente statiche. Proseguono invece gli intensi bombardamenti che, secondo fonti locali, hanno provocato altri 60 morti. Diversi camion con aiuti umanitari sono entrati a Gaza in misura ridotta, ostacolati inoltre al valico di Kerem Shalom da dimostranti di destra. Nel frattempo in Israele cresce il malumore per la operazione ‘Carri di Gedeone’ a Gaza, e non solo fra i familiari degli ostaggi che temono per la loro vita. Nei sondaggi il 65-70 per cento si dicono a favore della cessazione immediata del conflitto: una richiesta sottoscritta – con una polemica lettera aperta diffusa ieri sul web – anche da quasi un migliaio di ufficiali e di militari della riserva.
Nella conferenza stampa Netanyahu ha replicato che Israele è pronto ad un cessate il fuoco temporaneo ma non ha lasciato dubbi che la guerra a Gaza proseguirà ancora a lungo dato che Israele ha almeno cinque obiettivi da completare: la liberazione degli ostaggi ("20 dei quali sicuramente ancora vivi"); la deposizione delle armi da parte di Hamas; l’esilio forzato per i suoi dirigenti; la smilitarizzazione della Striscia; e la realizzazione "del ‘Piano Trump’ relativo alla autorizzazione alla partenza dei palestinesi che desiderino uscire". Netanyahu ha assicurato che Israele, con l’aiuto attivo degli Usa, saprà evitare che sul terreno si crei una crisi umanitaria.