Venerdì 19 Aprile 2024

Pace in Palestina, la Santa Sede in campo: "Due Stati unica soluzione"

Intervento vaticano dopo la decisione degli Stati Uniti di legittimare le colonie israeliane nei territori occupati della Cisgiordania. Anche le Nazioni Uniti criticano la mossa di Trump

Il Papa nel 2014 piantò un ulivo per la pace in Palestina con i leader dei due Paesi

Il Papa nel 2014 piantò un ulivo per la pace in Palestina con i leader dei due Paesi

Città del Vaticano, 20 novembre 2019 - La Santa Sede rilancia il suo ruolo di mediatrice nell’intricata vicenda del destino della Terra Santa. Lo fa con una nota ufficiale in scia a “recenti decisioni che rischiano di minare ulteriormente il processo di pace israelo-palestinese e la già fragile stabilità regionale“. Il riferimento implicito è alla svolta unilaterale, impressa qualche giorno fa dall’amministrazione americana Trump, di considerare le colonie israeliane nei territori occupati in Cisgiordania non più contrarie al diritto internazionale. 

Con la loro ultima presa di posizione gli Usa hanno così archiviato l’Hansell memorandum, un parere legale del dipartimento di Stato su cui dal 1978 si basava la politica americana riguardo agli insediamenti della Stella di Davide nelle zone conquistate dopo la Guerra dei sei giorni nel 1967. Inevitabili le reazioni. Al netto della decisione della Casa Bianca, per la Santa Sede l’unica via percorribile, nell’ottica di un futuro di pace in Medio Oriente, resta la soluzione di due Stati per due popoli. “La Santa Sede sostiene il diritto dello Stato d’Israele a vivere in pace e sicurezza entro i confini riconosciutigli dalla comunità internazionale – si legge nella nota –, ma lo stesso diritto appartiene al popolo palestinese e deve essere riconosciuto, rispettato e attuato“. 

La dichiarazione dei vertici della Chiesa universale arriva in contemporanea con la secca bocciatura degli Stati Uniti da parte delle Nazioni Unite. A detta dell’Onu, gli insediamenti israeliani in Cisgiordania restano illegali. I confini legittimi rimangono quelli antecedenti al conflitto del 1967. “La decisione del governo degli Stati Uniti è probabilmente l’ultimo chiodo nella bara della soluzione a due Stati“, mastica amaro il rappresentante speciale Onu per i diritti umani nei territori palestinesi, Michael Lynk. Sul campo, dopo una settimana di razzi sparati verso Israele e successivi raid nella Striscia di Gaza (decine i morti palestinesi), tacciono le armi. Un silenzio fragile come sa chi vive su una polveriera.