Roma, 14 novembre 2023 – “Dopo tutte queste settimane di guerra a Gaza e di scontri di confine tra Libano e Israele la possibilità che il conflitto in atto possa diventare, per un errore di calcolo oppure deliberatamente, qualcosa di ben più ampio è ogni giorno più grande. Noi facciamo la nostra parte, convinti che la nostra missione è importante per ridurre la tensione. Ma certo, non dipende solo da noi".
Andrea Tenenti, un trevigiano cresciuto nelle Marche, è da ben diciassette anni portavoce di Unifil, la missione Onu in Libano. E in 17 anni ne ha viste tante in un Paese diventato la sua seconda casa. Questo è uno dei momenti peggiori.
Dall’Europa, l’impressione è che in Libano la tensione stia crescendo pericolosamente. È davvero così?
"La retorica sta crescendo sicuramente, ma la tensione è tesa come è stata tesa nelle ultime cinque settimane, con alti e bassi. Gli scontri a fuoco continuano, senza interruzione, anche se quasi sempre abbastanza localizzati, sulla linea blu o per 4-5 chilometri sui due lati. Sabato abbiamo avuto una giornata con un alto numero di scontri a fuoco, e domenica è stato ferito allo stomaco un peacekeeper ghanese, per fortuna non troppo gravemente. Ma non parlerei di una intensificazione di conflitto anche se c’è un maggior uso di droni e anche di attacchi più mirati".
Gli americani sono preoccupati che Israele voglia provocare Hezbollah per spingerla a reagire e poterla punire duramente.
"Tutti cercano di evitare un conflitto che potrebbe diventare regionale. La preoccupazione dell’allargamento è anche nostra e stiamo facendo tutto quanto è in nostro potere per accescere il dialogo. Siamo gli unici a poter parlare sia con le autorità libanesi che con gli israeliani. Quotidianamente cerchiamo di smussare le tensioni, per evitare incomprensioni che adesso potrebbero essere molto pericolose. E spesso le parti si messaggiano attraverso noi, riconoscendo l’importanza del nostro ruolo imparziale".
Le parti vi avvertono anche quando bombardano?
"I contatti con le due parti sono continui. Da parte israeliana, abbiamo allerte prima di ogni bombardamento in Libano, anche se non sappiamo che obiettivi colpiranno, in modo da dare il tempo necessario ai caschi blu di ripararsi nei bunker". Non da parte libanese, però.
È vero che la missione Onu ha identificato uomini armati che in Libano sparano nelle vicinanze delle basi di Unifil, usandovi come scudo?
"È successo ed è una grossa preoccupazione. Il lancio di razzi e altri ordigni da zone molto vicine alle basi Onu aumenta il rischio di essere colpiti da entrambe le parti, come infatti è già successo diverse volte".
Cosa fate a favore dei civili libanesi?
"Ci sono casi in cui durante scontri a fuoco, o bombardamenti, apriamo le basi per dare protezione ai civili. Ma solo ai civili, non a potenziali soggetti armati. La popolazione vede il nostro lavoro in questi 17 anni, che fino a un mese fa è stato il più lungo periodo di stabilità che questa terra abbia avuto negli ultimi 40 anni. Abbiamo più di 400 attività al giorno con le comunità locali, siamo il secondo datore di lavoro nel sud del Libano. Tutto considerato, sì, siamo benvoluti".
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