L'accordo tra Israele, Emirati e Barhein. Chi vince e chi perde

Trump: "Giorno storico per la pace, altri Paesi seguiranno". Il premier israeliano: "Nuova alba di pace". Abu Mazen: "Non ci sarà pace senza la fine dell'occupazione"

La firma degli 'accordi di Abramo' alla Casa Bianca (Ansa)

La firma degli 'accordi di Abramo' alla Casa Bianca (Ansa)

Washington, 15 settembre 2020 - Alla Casa Bianca la firma dell'accordo di Abramo tra Israele, Emirati e Bahrein. Un 'giorno storico', dice Trump, che evoca l'avvento di un 'nuovo Medio Oriente' e annuncia l'adesione anche di 'cinque o sei altri Paesi arabi'. L'intesa tra Emirati e Israele menziona la soluzione a due Stati come parte di riferimento ad intese precedenti.  Ma la "Pax Americana" per il Medio Oriente ha scatenato la rabbia del mondo palestinese: dalla Striscia di Gaza, controllata da Hamas, due razzi sono stati lanciati sull'Israele meridionale, facendo suonare le sirene nelle cittò di Asheklon e Ashdod.

Trump: giorno storico

"Storico giorno per la pace in Medio Oriente", twitta Donald Trump annunciando la firma alla Casa Bianca da parte dei leader di Israele, Emirati e Bahrein degli accordi "che nessuno pensava fossero possibili".  Il presidente americano ha incontrato il premier israeliano Benjamin Netanyahu e nel corso del meeting, Trump ha annunciato che altrui 5-6 Paesi si uniranno all'accordo con Israele e "stiamo dialogando con i palestinesi, anche loro lo faranno".

Insomma, dal punto di vista degli Usa Israele "sta ottenendo la pace", e "molti Paesi sono pronti a seguire" l'esempio degli Emirati e concordare la pace con Israele, perché "sono stanchi di combattere" e "ci sarà la pace in Medio Oriente". Il presidente Usa non ha voluto dare i nomi dei Paesi in questione.  Netanyahu ha dichiarato che Trump ha "a cuore il popolo di Israele".

Trump fa anche una battuta sull'amico Netanyahu: Israele vuole "fortemente la pace", al punto che persino il premier 'Bibi' Netanyahu "è stanco della guerra", ha detto scherzando con i giornalisti. In Medio Oriente, ha sottolineato Trump, si sono susseguiti "bagni di sangue per decenni¯ e nessuno ha mai ottenuto niente". L'accordo raggiunto in questi giorni, invece, rappresenta "una pace forte". 

Netanyahu: alba di pace

Esulta anche Netanyahu, parlando di "Un giorno storico, una nuova alba di pace". E ringrazia e loda Donald Trump per la sua "mediazione" e per aver "affrontato coraggiosamente i tiranni dell'Iran".

''La pace necessita di coraggio e di azioni per metterla in atto'', ha detto dal canto suo il ministro degli Esteri degli Emirati, che ha voluto ringraziare Israele per aver ''scelto la pace''. ''Sono qui oggi per dare una mano alla pace e ricevo una mano di pace. La ricerca della pace è un principio innato, ma i principi si realizzano efficacemente quando vengono trasformati in azione'', ha aggiunto.  "Oggi stiamo già assistendo a un cambiamento nel cuore del Medio Oriente, un cambiamento che invierà speranza in tutto il mondo", ha aggiunto.

Trump, Netanyahu e le first lady alla Casa Bianca (Ansa)
Trump, Netanyahu e le first lady alla Casa Bianca (Ansa)

Accordi, chi vince e chi perde

Negli storici Accordi di Abramo tra Israele, Emirati arabi uniti e Bahrein ci sono chiari vincitori e vinti. A cinquant'anni esatti dal 'Settembre Nero' che aprì la strada alla cacciata dei fedayn di Yasser Arafat dalla Giordania, i palestinesi sono gli unici a non poter cantare vittoria. Anche l'Iran guarda con preoccupazione all'allargamento e al compattamento del fronte dei suoi nemici in un'alleanza pragmatica per la quale lo spirito anti-Teheran è stato un collante decisivo.  Tutti i protagonisti di questa "svolta diplomatica storica" hanno da guadagnare dall'accordo per la normalizzazione dei rapporti: il presidente americano, Donald Trump, ha messo a segno un grosso colpo in vista delle elezioni di novembre mentre gli Emirati possono dire di aver fermato i piani israeliani di annessione della Cisgiordania e attraverso i negoziati stanno facendo pressioni per ottenere il via libera alla vendita degli F-35 su cui finora Israele aveva messo il veto (e che frutterebbe agli Stati Uniti posti di lavoro spendibili in campagna elettorale).  Da parte sua, lo Stato ebraico apre la strada a una cooperazione economica con i Paesi del Golfo che può valere miliardi di dollari di interscambio annuo (una boccata d'ossigeno nel post-pandemia di Covid-19) e scavalca Ramallah e le sue istanze; senza contare il ritorno di immagine per il premier israeliano Benjamin Netanyahu, sotto attacco in patria per una gestione fallimentare dell'epidemia coronavirus e per il processo in cui è incriminato per corruzione, frode e abuso di fiducia. 

L'ira di Abu Mazen

Il leader dell'Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, ha gridato al tradimento, ha lanciato appelli a scendere in piazza a protestare, ha anche tentato di far passare una risoluzione di condanna all'ultima riunione della Lega araba ma il tentativo si è risolto in un nulla di fatto.  "Non ci sarà pace, sicurezza o stabilità nella regione senza la fine dell'occupazione e il raggiungimento per il popolo palestinese dei suoi pieni diritti come stabilito dalle legittime risoluzioni internazionali", ha detto il presidente palestinese Abu Mazen. L'Accordo di Abramo - ha sottolineato -"non permetterà di raggiungere la pace finchè gli Usa e l'occupazione israeliana non riconosceranno il diritto del popolo palestinese a uno stato indipendente".

La causa palestinese resta tuttavia in primo piano, hanno assicurato gli Emirati: negli Accordi di Abramo si fa riferimento alla 'soluzione dei due Stati', ha affermato il sottosegretario agli Esteri, Anwar Gargash, precisando però che sono citati solo brevemente perché il documento tratta largamente delle relazioni bilaterali tra Israele ed Emirati.  Lo stesso re saudita Salman, il custode dei luoghi sacri dell'Islam, in una telefonata la settimana scorsa con Trump, è tornato a ribadire la centralità della causa palestinese per il via libera a futuri rapporti: senza "una soluzione giusta e durevole che porti la pace", non ci sarà normalizzazione. Una puntualizzazione necessaria per non essere accusata, anche Riad, di tradire i palestinesi.

Hamas: non valgono l'inchiostro della firma

"Gli accordi di normalizzazione firmati oggi dagli Emirati arabi uniti e dal Bahrein con la entità sionista non valgono l'inchiostro con cui sono stati firmati", ha affermato Hazem Kassem, un portavoce di Hamas, in una dichiarazione rilasciata ai media. "Il nostro popolo è determinato a combattere per recuperare in pieno i propri diritti. Per noi quegli accordi non esistono affatto".