Iran, stadio vietato alle donne. Morta tifosa che si era data fuoco per protesta

Sahar Khodayari, 29 anni, voleva assistere a una partita di calcio. Sotto processo a Teheran, si è immolata. Amnesty denuncia violazioni dei diritti civili

Rara occasione dove le tifose hanno assistito ad un'amichevole allo stadio Azadi (Ansa)

Rara occasione dove le tifose hanno assistito ad un'amichevole allo stadio Azadi (Ansa)

Teheran, 10 settembre 2019 - La battaglia per sostenere i diritti delle donne sotto il regime degli ayatollah iraniani ha fatto un'altra vittima. Si è spenta Sahar Khodayari, 29 anni, la giovane donna che si era data fuoco per protesta dopo essere stata trascinata in giudizio in un tribunale dai guardiani della buoncostume per rispondere dell'accusa di essere entrata illegalmente in uno stadio di calcio. Sarebbe stata condannata a sei mesi di prigione perché l'ingresso nell'impianto sportivo era consentito ai maschi soltanto. Sahar si è immolata per sostenere la causa dell'emancipazione femminile nella società sciita ed è morta in ospedale, tra atroci sofferenze, per le gravi ustioni riportate, con piaghe estese sul 90 per cento della superficie corporea. Amnesty International in una nota denuncia "l'agghiacciante disprezzo delle autorità iraniane per i diritti della donna".

La battaglia femminista, la denuncia di violazioni dei diritti civili, nel caso di Sahar, si è concretizzata nel tentativo di assistere a una partita di calcio sfidando anacronistici divieti, come quello in vigore nel paese islamico, proibizioni che, ad esempio, tengono le donne fuori dagli stadi. "L'Iran ci risulta l'unico paese al mondo che impedisce alle donne di entrare negli stadi di calcio e le punisce quando vi entrano", ha scritto Philip Luther, direttore ricerche di Amnesty International per l'area Medio Oriente e Africa del Nord.

"Questo divieto discriminatorio deve essere immediatamente annullato e la comunità internazionale - comprese la Fifa e la Confederazione calcistica asiatica - devono prendere provvedimenti urgenti". Sui social la chiamavano "la ragazza in blu", come il colore della sua squadra del cuore, l'Esteghlal di Teheran. Una passione per il calcio mortificata in Iran dall'esclusione delle donne dagli stadi, imposta dopo la Rivoluzione islamica del 1979. Un divieto che Sahar Khodayari ha osato sfidare fino all'estremo sacrificio. La sua trasgressione consisteva nel volersi recare allo stadio Azadi della capitale iraniana per assistere a una partita dell'Esteghlal, squadra allenata dal tecnico italiano Andrea Stramaccioni, coinvolto in una recente polemica con il club per un visto scaduto che l'ha bloccato nel Paese proprio quando lui stava per entrare in aeroporto per un breve viaggio in Italia. 

Era il 12 marzo scorso quando la polizia religiosa degli ayatollah ha fermato Khodayari allo stadio, avvolta in un lungo soprabito e con in testa una parrucca blu, per cercare di mimetizzarsi tra gli uomini. A tradirla è stata forse una sua foto sulle tribune inviata alla sorella. Quel giorno, la sua squadra sfidava gli emiratini dell'Al Ain nella Champions League asiatica. Qualcuno l'ha notata ed è stata fermata. Dopo aver trascorso tre notti nel carcere femminile di Gharchak Varamin a Teheran era stata rilasciata, ma le era stato sequestrato il cellulare. Quando è andata a farselo restituire, ha appreso dell'istruttoria a suo carico.

La magistratura iraniana precisa che una sentenza non era ancora stata emessa, mentre sull'onda delle polemiche la vicepresidente con delega alle Donne e alla Famiglia, Massoumeh Ebtekar, ha chiesto di aprire un'inchiesta sulla tragica fine della pasionaria. Intanto la Federazione internazionale gioco calcio, la Fifa, ha ripetutamente chiesto a Teheran passi avanti verso una liberalizzazione, ma le aperture sono state finora di facciata. Come agli ultimi Mondiali, quando alcune tifose hanno seguito la nazionale in trasferta in Russia, o lo scorso novembre per la finale della Champions asiatica, disputata dal Persepolis allo stadio di Teheran, dove sono potute entrare ma solo su invito e in un settore dedicato. Il mese prossimo, per le qualificazioni ai Mondiali contro la Cambogia, le donne potrebbero essere di nuovo ammesse. 

La polemica però infuria. E anche alcune star del calcio locale si sono schierate. L'ex giocatore del Bayern Monaco Ali Karimi - 127 partite con la nazionale - ha invitato i tifosi a boicottare gli stadi, mentre Andranik Teymourian, primo capitano cristiano dell' Iran, ha auspicato di vedere un giorno uno stadio a Teheran intitolato a Khodayari.