Giovedì 18 Aprile 2024

Militari italiani, è allarme rosso. Blindate le basi nelle zone calde

Alzata la sicurezza in Iraq, Libia e Libano dove ci sono 1800 uomini. Ma nessun ritiro di truppe

Un militare della Folgore in Afghanistan, in una foto d’archivio (Ansa)

Un militare della Folgore in Afghanistan, in una foto d’archivio (Ansa)

Roma, 4 gennaio 2020 - Charlie per tutti, dall’Iraq, al Libano alla Libia. È la definizione in codice del livello di allarme, molto alto, a cui si sono adeguati su disposizione del ministero della Difesa i soldati italiani impegnati nelle missioni all’estero, in particolare in Medio Oriente. Alfa, Bravo, Charlie e Delta sono le quattro soglie di attenzione: la penultima significa possibile attacco imminente, l’ultima attacco in corso. Dunque nelle basi sono scattati l’aumento massiccio della sorveglianza, intensificazione dei controlli interni ed esterni, monitoraggio massimo per i civili e i mezzi in entrata e soprattutto permessi di uscita dei militari ridotti al minimo. Si lascia la base solo per necessità di servizio.

L’ordine è arrivato dopo il blitz degli americani con cui è stato ucciso all’aeroporto di Bagdad, in Iraq, Qassim Soleimani, il generale iraniano dalla barba bianca, capo della Forza Quds e considerato la mente delle trame terroristiche anti Usa. Per ora ci sono minacce dirette contro l’Italia, ma il nostro Paese è alleato con Stati Uniti, pur avendo buoni rapporti con l’Iran, e questo costituisce di per sé un potenziale rischio. Le schegge terroristiche più volte hanno colpito obiettivi collaterali. L’Italia schiera 1.100 militari in Libano, circa 250 fra Tripoli e Misurata nella Libia sempre più incandescente, 400 in Iraq con compiti di addestramento. Per ora alla Difesa confermano che non sono previsti ritiri di truppe né invii di rinforzi. Cosa che invece fa il Pentagono con 3.500 soldati in partenza per il Medio Oriente. Per noi, quindi, calma e gesso.

Uno che se ne intende di scenari bellici è il generale Vincenzo Camporini, già capo di Stato maggiore della Difesa. "L’Iran dovrà reagire per non perdere la faccia. Non sappiamo in che modo, ma l’Italia con gli uomini che ha in campo è particolarmente esposta". E in questo incerta dinamica secondo Camporini la situazione più critica potrebbe verificarsi in Libano, dove il contingente Unifil a comando italiano è schierato sulla Linea blu. Se gli iraniani mobilitano le milizie Hezbollah contro Israele in funzione antiamericana potrebbero essere guai anche per i nostri soldati. Idem in Iraq, dove fazioni pro Iran considerano nemici i militari stranieri. Vista la situazione libica, dove l’Italia è il vaso di coccio nella guerra a sempre più alta intensità tra il governo ufficiale di Tripoli e quello di Tobruk del generale Haftar, potrebbe profilarsi la convocazione del Consiglio supremo di difesa, come ha chiesto Elvira Savino di Forza Italia. Le prossime sveleranno la reazione di Teheran, anche se secondo una scuola di pensiero potrebbe trattarsi di una "crisi controllata". Gli Usa potrebbero aver avvertito Russia e Cina, le superpotenze vicine all’Iran, del raid per uccidere il generale inserito nella black list e a cui davano la caccia da dieci anni.

Ma l’operazione in via ipotetica potrebbe anche essere letta come un avvertimento dopo l’esercitazione che ha mostrato i muscoli delle marine di Russia, Cina e Iran nel Golfo dell’Oman. La Farnesina è in allarme e si dice "fortemente preoccupata". E la politica si agita. Matteo Renzi spara colpi di mortaio su Facebook: "Dobbiamo cambiare passo e chiamare l’Italia, con l’Europa, a recuperare un ruolo in politica estera. Matteo Salvini come sempre è fuori dal coro ed elogia il Pentagono: "Gli uomini liberi devono ringraziare gli Usa per aver eliminato uno degli uomini più pericolosi. Ma a destra c’è chi più cauto, come Giorgia Meloni di Fd’I: "La questione mediorientale non merita tifoserie da stadio ma necessita di grande attenzione".