
"Decisione sull’attacco entro 14 giorni". Teheran colpisce un ospedale israeliano. .
di Aldo Baquis
A una settimana dall’inizio del conflitto, Gerusalemme e Teheran restano ancora col fiato sospeso nel tentativo di comprendere se Donald Trump si accinga a scendere in campo, in forma attiva, al fianco di Israele, o se preferisca rallentare e concentrarsi su iniziative diplomatiche. Ad esempio incaricando il suo consigliere Steve Witkoff di tastare discretamente il terreno con il ministro degli esteri iraniano Abbas Araghchi, come ha confermato la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt. "La possibilità di un negoziato resta sostanziale", ha aggiunto. Per la Casa Bianca resta comunque un punto fermo: "L’iran non può dotarsi di armi atomiche". Ha poi fornito anche una cornice temporale che sposta più in là la possibilità di un bombardamento statunitense dei siti nucleari di Teheran: "Il presidente Trump deciderà entro due settimane"
In Israele la sensazione è invece che una decisione di Trump sulla guerra sia ormai questione di pochi giorni. "Gli Usa ci stanno già aiutando in maniera splendida", ha riconosciuto alla Tv pubblica Kan il premier Benyamin Netanyahu riferendosi non solo alle azioni difensive (ad esempio quelle delle batterie Thaad contro i missili iraniani) ma anche alla disposizione di importanti forze aeree e navali nelle Regione.
"Parlo con Trump quasi tutti i giorni. In definitiva lui farà quanto è meglio per gli Stati Uniti". Il premier ha soppesato le parole per non accreditare in alcun modo l’impressione che Israele cerchi di trascinare gli Usa in un conflitto che in apparenza trova ancora notevoli resistenze nel partito repubblicano. "Noi comunque stiamo procedendo a ritmo accelerato". E di fatti l’aviazione israeliana anche ieri ha continuato a colpire importanti componenti del progetto nucleare iraniano (fra cui il reattore di Arac), nonché le batterie di lanciamissili ("neutralizzate al 50 per cento", secondo fonti militari) e obiettivi legati alle strutture di potere del regime nel tentativo di indebolirlo. "Se esso cadrà o meno spetta al popolo iraniano decidere", ha affermato Netanyahu. Quanto alla eliminazione del leader Ali Khamenei, essa "non è inclusa fra i due principali obiettivi della guerra: l’eliminazione del nucleare e dei missili. A ogni modo, nessuno in Iran gode di immunità", ha tagliato corto il premier.
Se anche gli Usa agissero, non ci sarà l’Italia al loro fianco. Lo ha chiarito il ministro della Difesa, Guido Crosetto: "Sicuramente l’Italia non pensa di entrare in guerra con l’Iran, mi pare evidente e chiaro".
L’Iran ha reagito con grande irruenza agli attacchi israeliani minacciando un’attacco alla centrale atomica di Dimona (in reazione a quello di Arac) e sparando verso Israele decine di missili di vario genere fra cui uno con una testata record da 1800 chilogrammi. In questa ondata di attacchi l’ospedale Soroka di Beer Sheva (il più grande nel sud di Israele) è stato centrato in pieno, in una apparente ritorsione all’attacco israeliano di alcuni giorni prima all’ospedale Farabi di Kermanshah. A Beer Sheva alcuni reparti erano stati evacuati nei giorni scorsi e dunque non si sono avuti morti, ma i danni materiali sono stati molto rilevanti e l’ospedale è stato costretto a ridurre drasticamente le attività. Un altro missile ha colpito a la zona degli affari: fra i suoi eleganti grattacieli si è levata una densa nube di fumo che, vista in tutta la città, con notevole sgomento della popolazione. Molti di notte scelgono di stendere sacchi a pelo nelle stazioni della metropolitana. Giorni di difficoltà sono vissuti anche a Teheran dove la popolazione deve misurarsi con la chiusura delle banche e con l’oscuramento di internet. Intanto a Gaza, lntano dagli occhi degli israeliani, infuria ancora il conflitto con Hamas, che infliggono perdite quotidiane alle forze israeliane. Ieri l’artiglieria ha colpito duramente la zona di Jabalya, nel nord della Striscia. Fonti locali parlano di decine di morti e di feriti, anche bambini, che non hanno potuto ricevere cure perché gli ospedali della zona sono disastrati.