Domenica 20 Luglio 2025
LORENZO MANTIGLIONI
Esteri

L’Iran, l’atomica e lo spettro di Saddam. “Può già produrre un’arma ‘sporca’”

Lanza (Luiss): il nucleare civile libera gas per le esportazioni. Il dibattito rievoca la guerra in Iraq

L’Iran, l’atomica e lo spettro di Saddam. “Può già produrre un’arma ‘sporca’”

Roma, 22 giugno 2025 – Saddam Hussein possiede armi chimiche e non si fa scrupoli a usarle”. Con queste parole, pronunciate il 5 febbraio 2003 davanti al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite dall’allora segretario di Stato americano, Colin Powell, cominciò di fatto l’invasione americana dell’Iraq. Una decisione che lo stesso Powell anni dopo bollò come un “terribile errore” e che costò la vita a centinaia di migliaia di persone. Nei due decenni successivi, la questione delle armi di distruzione di massa non è mai uscita dal dibattito internazionale. Proprio Benjamin Netanyahu aveva a più riprese sostenuto che l’Iran sarebbe arrivato all’atomica in un tempo relativamente breve, e proprio per questa ragione il 13 giugno scorso ha deciso di attaccare la Repubblica islamica.

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L'impianto di arricchimento nucleare di Isfahan in un'immagine satellitare (Maxar / Ansa)

Una decisione frutto del rapporto dell’Aiea del 12 giugno, con il quale l’Agenzia internazionale per l’energia atomica aveva definito opachi alcuni comportamenti dell’Iran. In questi anni, infatti, Teheran ha arricchito l’uranio al 60%, ma fino al 2018 – anno dell’uscita unilaterale degli Usa – ha sempre rispettato il Piano d’azione congiunto globale (Jcpoa), in cui si garantiva l’accesso agli ispettori dell’Aiea e si limitava l’arricchimento dell’uranio.

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Inoltre, come più volte ha ribadito il presidente della Repubblica islamica, Masoud Pezeshkian, sullo sviluppo delle armi nucleari pende una “fatwa” dell’ayatollah Ali Khamenei. A seguito dello scoppio del conflitto, nonostante i chiarimenti del direttore dell’Aiea, Rafael Grossi, con i quali precisava di “non avere prove di un tentativo di costruire l’arma atomica”, il ministro degli Esteri israeliano, Gideon Saar, ha dichiarato che gli attacchi contro i siti nucleari persiani hanno ritardato la possibilità di Teheran di sviluppare l’arma nucleare “di almeno due o tre anni”.

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Una mossa che ha trovato il sostegno degli Stati Uniti, convinti che allo stato attuale l’Iran sia in grado di costruire un’arma nucleare. Teheran, tuttavia, continua a smentire questa minaccia a dicendosi disponibile a limitare il suo programma di arricchimento dell’uranio “ad uso civile”. E su questo terreno trova anche il supporto di Vladimir Putin, che, durante un’intervista a Sky news Arabia e riportata dalla Tass, ha ribadito: “L’Iran ha il diritto a programmi per l’uso della tecnologia nucleare per scopi pacifici”.

Sembrerebbe, dunque, che la strategia persiana sia quella di puntare sul nucleare per produrre energia elettrica (il cosiddetto “uso civile”, appunto): “In questo modo – commenta Alessandro Lanza, docente di Economia del cambiamento climatico alla Luiss e autore di “Super! Un secolo di energia in Italia” (edito da Luiss university press) – liberebbe una quantità di petrolio maggiore per l’esportazione. Una scelta legittima adottata anche dagli Stati Uniti”.

Ciò che preoccupa, però, è l’arricchimento al 60% dell’uranio, non sufficiente attualmente per una bomba atomica (la percentuale dovrebbe salire a 85). “È comunque abbastanza per una ‘bomba sporca’ – spiega Lanza –. Non è una vera e propria bomba nucleare, per raggiungere un obiettivo del genere servirebbe anche una tecnologia molto avanzata, ma parliamo comunque di un’arma estremamente pericolosa”.