Ucraina. "Io, viva nel paese riconquistato. I cadaveri dei nemici sono ovunque"

La testimonianza di Ilena nel villaggio di confine, Mala Rohan: case e strade spazzate via dalle bombe. In molti temono la vendetta di Mosca

Il cratere provocato dai bombardamenti

Il cratere provocato dai bombardamenti

Kharkiv (Ucraina), 31 marzo 2022 - Ilena resta in piedi sul ciglio di un cratere profondo almeno 5 metri. Sembra la bocca di un vulcano, ma non c’è storia geologica da raccontare. Quel buco davanti alla sua casa è stato provocato da una bomba sganciata da un aereo russo. "Pesava più di 120 chili", ci spiega un militare ucraino che è entrato da poco nel villaggio di Mala Rohan, 22 chilometri a est di Kharkiv, 5 strade e case basse che per settimane sono state il campo di battaglia dei due schieramenti. I russi erano riusciti a conquistare quel pezzo di terra che sulla mappa militare significa un passo dalla seconda città dell’Ucraina, ma quando ieri siamo riusciti a varcare la soglia dell’esercito di Putin restavano solo cadaveri sparsi tra le viuzze di terra battuta.

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Ilena è lì, in piedi a guardare in basso in quel buco mentre la figlia ventenne raccoglie le tegole ancora integre per sistemare il tetto. "A breve ci saranno temporali, dobbiamo sistemarlo prima che sia troppo tardi". La sua casa è tra le più alte di tutta Mala Rohan, due piani. È umile ma spaziosa, con un grande terreno alle spalle che utilizza per allevare galline. "Eravamo qui quando hanno bombardato, quasi tre settimane fa. Una grande bomba è caduta nel quartiere da quella parte, un’altra qui davanti (quella su cui resta in bilico sul ciglio, ndr) e un’altra dietro la casa". La sua villetta è nel mezzo di questo triangolo, non esiste una parola per esprimere il livello di fortuna.

"Venite, vi faccio vedere cosa è successo in cortile". Attraversando il pollaio si apre una grande area verde con un laghetto al centro. Non capiamo subito perché voglia mostrarcelo. "Quello non è un laghetto, è la falda che ha riempito il fossato provocato dalla bomba", ci spiega Ilena. Avrà un diametro di 15 metri, le sponde sono ad almeno 3 metri sul livello dell’acqua.

Mentre parla si avvicina a una cassa piena di pezzi di metallo. "Sono tutti resti delle bombe russe che ho raccolto in queste settimane pulendo il terreno". Intanto suo marito issa con una carrucola un grande drappo arancione al secondo piano. "La situazione ora è migliore di qualche settimana fa, i nostri soldati hanno ripreso il villaggio. Ma non ci sentiamo ancora al sicuro, i bombardamenti vanno avanti e continuiamo a nasconderci nei rifugi".

A Mala Rohan sono morti in tanti, non c’è strada risparmiata da un mortaio, la linea elettrica fatica a rimettersi in piedi ma qualcosa sta cambiando. I cadaveri che vediamo sono tutti russi. Da un cortile spuntano quattro gambe, a fatica capiamo che sono pantaloni militari così ridotti a brandelli, anneriti dalla terra e dal fumo. La faccia di uno non esiste più, ma deve essere stato un pilota di carro armato perché accanto ha il tipico berretto da carrista. Pochi metri più avanti, arenato accanto a una staccionata, c’è l’ennesimo tank con la Z sul fianco. La firma dell’invasore.

Gli ucraini resistono e vogliono mostrarlo, niente di strano in una guerra che si combatte anche con la propaganda. Però la tensione è reale, soprattutto perché due giorni fa hanno distrutto un grande deposito di munizioni a Belgorod, la città russa a 75 chilometri da Kharkiv. Un colpo importante, un affronto che i russi vorranno vendicare quanto prima. "Siamo così vicini al confine – continua Ilena, che è cresciuta parlando russo –. Potremmo essere noi i prossimi a essere distrutti".