Incubo attentati nelle nostre città. "I terroristi possono rialzare la testa"

Varvelli (Ispi): "I talebani prendono le distanze da Isis e Al Qaeda, ma può essere solo una tattica"

I talebani riconquistano l'Afghanistan (Ansa)

I talebani riconquistano l'Afghanistan (Ansa)

"Il ritorno dei talebani al potere non è proprio una buona notizia per la lotta al terrorismo. Le parole della dirigenza talebana e l’accordo di Doha sembrano garantirci che l’emirato islamico non ospiterà terroristi stranieri, e a breve sarà probabilmente così, ma questa sembra un scelta tattica contingente. Nel medio periodo, potrebbe verificarsi una convergenza tra gruppi terroristici internazionali e l’ala più radicale dei talebani che potrebbe far crescere la minaccia terroristica in Occidente". Così Arturo Varvelli, direttore dell’ufficio italiano dell’European council on foreign relations (Ecfr) e associato dell’Ispi.

Zabihullah Mujahid promette che non lasceranno usare l’Afghanistan come base per gruppi terroristici stranieri. Dobbiamo credergli?

"Sono convinto che una parte dei talebani sia assolutamente consapevole che, se intende governare, un ritorno tout court al passato non è più possibile. In ogni caso, i talebani devono mantenere delle relazioni con i Paesi vicini, non è nel loro interesse essere considerati nuovamente uno Stato terrorista. Da qui la necessità di essere – o almeno apparire – più “moderati“ che in passato. Ma la galassia talebana è ampia e diversificata. Ricordo quanto accade in gruppi come Hamas o Hezbollah, che hanno una ala dialogante e una militare".

Quindi non possiamo fidarci?

"È vero che i talebani politici, quelli che hanno trattato a Doha, son probabilmente maturati e possono anche voler tenere lontano il terrorismo internazionale. Ma i mujaheddin sul campo, per attitudine personale e storia, sono una forza naturalmente intransigente, intollerante e violenta, che ritiene che quella della moderazione sia una pura finzione che va fatta per ragioni tattiche, per ingannare l’Occidente, e che, comunque, dovrà prevalere la loro visione radicale. Sta alla dirigenza politica talebana cercare di evitarlo, ma le zone d’ombra sono tantissime".

Pensa a gruppi duri e puri come l’Haqqani network?

"Esatto. Del resto, la saldatura tra gruppi locali come i talebani e organizzazioni terroristiche internazionali è una chiave che, in questi anni, ha dischiuso nuovi spazi al terrorismo. Lo stesso Emirato Islamico dell’Afghanistan, una volta metabolizzata la vittoria e ottenuto qualche riconoscimento internazionale, potrebbe concepirlo come una opportunità. Quindi, il rischio c’è, anche se avvenga non è sicuro".

In questi anni i talebani hanno duramente combattuto con i terroristi dello Stato Islamico, Daesh al Khorasan, presenti nell’est del Paese. È una garanzia?

"I talebani li hanno combattuti perché non volevano perdere consensi. Ma il quadro ora è cambiato. Il comune nemico è stato sconfitto. Magari a qualcuno del futuro emirato potrebbe fare comodo avere una sponda terroristica con la quale coltivare l’avanzamento della Jihad. Sappiamo che Stato Islamico e al Qaeda hanno ancora una consistenza in parti dell’Afghanistan. E sappiamo che, quando storicamente è stata offerta la possibilità di una convergenza tattica e di uno spazio politico da gruppi locali, come sono i talebani in Afghanistan, l’hanno prontamente colta. È successo in Siria, in Iraq, nel Sahel. La convergenza tattica è possibile: se questo avvenisse, si creerebbero le stesse condizioni che al Qaeda colse prima dell’11 settembre".