Roma, 10 giugno 2024 – All’indomani della giornata di euforia per la drammatica liberazione a Gaza di quattro ostaggi, Israele ha poi vissuto invece momenti di strazio. Noa Argamani, la giovane studente universitaria divenuta celebre con la diffusione sul web delle immagini del suo rapimento dal festival musicale Nova, ha potuto finalmente ricongiungersi con la madre Liora, ricoverata in ospedale in fin di vita per un tumore cerebrale aggressivo.
Un altro ex ostaggio, Almog Meir Jan, un esperto di high tech, nelle prime ore di libertà ha appreso che il padre era appena morto ed è corso in un cimitero appena in tempo per il suo funerale. In un altro cimitero, a Gerusalemme, migliaia di persone sono affluite da tutto il Paese per un estremo saluto ad Arnon Zamora, il comandante di una delle due unità di anti-terrorismo protagoniste del blitz nel campo profughi di Nusseirat (Gaza), ucciso da un miliziano di Hamas nell’appartamento dove erano reclusi tre ostaggi. E infine Eliran Mizrahi, un soldato della riserva israeliana uscito traumatizzato da Gaza, ha ricevuto l’ordine di presentarsi di nuovo come riserva e si è tolto la vita.
I titoli dei giornali erano trionfanti: ma gli animi degli israeliani erano ieri anche molto contriti. Anche perché al momento non si vedono soluzioni pratiche per la liberazione degli altri 120 ostaggi ancora a Gaza.
Al momento del rapimento di Noa la madre Liora (originaria della Cina) aveva reso noto che le sue condizioni si erano aggravate e aveva espresso il desiderio di rivedere la figlia almeno un’ultima volta. Da allora, ha riferito il marito, le sue condizioni si sono molto deteriorate. Il loro incontro, otto mesi dopo, si è svolto in forma strettamente privata. "Liora ha dato uno sguardo a Noa", ha riferito Yaakov Argamani, il padre della ragazza. "Ha appena abbozzato una reazione. Forse abbiamo visto un sorriso. Abbiamo comunque la sensazione che si sia resa conto che la figlia è tornata". Da allora, ha aggiunto, Noa non lascia la stanza della madre, vuole trascorrere con lei tutto il tempo possibile.
Un destino ancora più tragico ha accolto Almog Meir Jan. Sabato mattina, quando l’esercito ha confermato che era stato liberato e che era in buone condizioni, la zia si è precipitata dal padre che da mesi soffriva di depressione e si era isolato dal resto del mondo. Senza di lui, diceva, la vita non aveva senso. "Ho trovato la porta di casa sua aperta – ha riferito la donna –. Lui era steso in salotto, su un divano. L’ho toccato: era freddo. Era morto da alcune ore. Non ha fatto in tempo a sapere che il figlio era stato liberato". Secondo i servizi di pronto soccorso, aveva subito un infarto.
In un cimitero di Gerusalemme una folla di israeliani ha voluto poi partecipare ai funerali del comandante Zamora. Tre dei quattro ostaggi liberati sabato, secondo l’Idf si trovavano nella casa di un giornalista palestinese: "Il reporter di Al Jazeera Abdullah Jamal era un operativo di Hamas e teneva in ostaggio, assieme alla sua famiglia, Almog Meir, Andrey Kozlov e Shlomi Ziv nella sua casa a Nuseirat". Hamas ha invece diffuso un altro filmato in cui sostiene che avrebbero perso la vita altri tre ostaggi israeliani, uno dei quali di cittadinanza statunitense. I loro nomi non sono stati precisati.