Lunedì 14 Luglio 2025
DUCCIO MOSCHELLA
Esteri

I vescovi-pellegrini: "Svegliati dall’allarme. Poi la fuga ad Amman"

Fra’ Matteo Brena: tutta la comunità soffre

Fra’ Matteo Brena: tutta la comunità soffre

Fra’ Matteo Brena: tutta la comunità soffre

"Per noi non è una situazione di emergenza, ma di sofferenza sì di fronte a una politica forsennata che non ha prospettive di pace". Fra’ Matteo Brena (foto), guida in Terra Santa dei vescovi toscani, impegnati in un pellegrinaggio "di vicinanza e di solidarietà" iniziato lunedì scorso e interrotto bruscamente nella notte fra giovedì e venerdì dalle sirene dell’allarme antiaereo, risuonate a Gerusalemme e in tutto Israele dopo l’attacco all’Iran. Il frate, commissario per la Toscana della Custodia di Terra Santa, si trova ad Amman, insieme alla delegazione della Conferenza episcopale toscana, presieduta dal cardinale arcivescovo di Siena, Augusto Paolo Lojudice, fatta partire in fretta e furia dal territorio israeliano in stato d’emergenza e dirottata in Giordania, nella speranza di trovare un volo per il rientro, che sarebbe dovuto avvenire comunque ieri sera da Tel Aviv, al termine del programma ufficiale.

Come si sente, padre Matteo? "Stiamo tutti bene, ma non nascondo un senso di dolore per una situazione che va avanti da due anni, qui in Terra Santa, e che non accenna a placarsi. Anzi mi pare evidente stia peggiorando". Un risveglio più brusco del solito in un Medio Oriente senza pace, concorda? "Le sirene dell’allarme hanno svegliato la Città Vecchia alle 3 di notte. Non hanno suonato a lungo e non sempre sono un segnale di pericolo. Qui ci siamo abituati, ma subito dopo è arrivato il segnale di alert generale sui nostri smartphone". Cosa avete fatto? "Abbiamo cercato di ritrovare serenità per il resto della notte, poi al mattino siamo riusciti a celebrare Messa al Santo Sepolcro per Sant’Antonio da Padova, ma poi abbiamo dovuto cambiare programmi". Colpa dello stato di emergenza? "La polizia ha iniziato a blindare la Città Vecchia, quindi, prima di rimanere bloccati e grazie alla collaborazione del consolato e dei frati della Custodia, siamo partiti per la Giordania, via ponte di Allenby, per arrivare nel pomeriggio ad Amman dove ci troviamo". Spaventati? "Non parlerei di paura, ma di dolore, sofferenza per una comunità che non ha e non trova pace. Sono due anni che si combatte senza tregua. Questa situazione tocca la vita delle persone, a causa di una politica forsennata, che non ha prospettive di futuro. La comunità internazionale deve essere più presente e far sentire la propria forza in una terra sconvolta, preda dell’odio e di un senso di vendetta reciproca". E ora? "Siamo stati accolti e per così dire coccolati dai francescani della Custodia giordana, in particolare grazie all’impegno di un padre italiano, Mario Cornioli, missionario della diocesi di Fiesole, che si occupa di rifugiati soprattutto siriani e persone che scappano dalla guerra. Abbiamo in un certo senso condiviso l’esperienza in attesa di riuscire a rientrare". Rientro che potrebbe riguardare anche gli italiani che vivono e lavorano nell’area: "Devono seguire le indicazioni delle nostre ambasciate, da quella a Teheran a quella a Tel Aviv, al consolato a Gerusalemme – ha detto il ministro degli Esteri, Tajani –. I nostri connazionali sono stati tutti contattati dalla Farnesina e devono rispettare le indicazioni che provengono anche dalle autorità locali".