Giovedì 18 Aprile 2024

"I colossi del web sono troppo potenti". L’ex braccio destro di Bezos: fermiamoli

Il 65enne Tim Bray: "Entrano negli altri business e li soffocano. Anche la sopravvivenza finanziaria dei giornali è a rischio"

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Da braccio destro a spina nel fianco il passo è breve. Tim Bray – pioniere di Internet, amante dell’heavy metal a tutto volume ed ex vicepresidente Amazon – a 65 anni ha sbattuto la porta in faccia a un certo Jeff Bezos, l’uomo più ricco del pianeta, perché il colosso dell’e-commerce stava giocando sporco.

Cosa è successo esattamente?

"All’interno del gruppo c’era un dibattito sul fatto che Amazon si prendesse o meno sufficiente cura dei propri operai nei magazzini. Alcuni attivisti che lavoravano nell’azienda sostenevano pubblicamente di no. La società li ha licenziati e così a maggio me ne sono andato. Non potevo tollerarlo".

E così oltre al lavoro ha rinuciato anche a un milione di dollari sull’unghia. Sua moglie cosa le ha detto, quando è tornato a casa?

"Era d’accordo. Ormai ho più di 60 anni e sono finanziariamente solido".

In realtà leggendo il suo blog sembrano esserci anche motivi più profondi. Ad esempio lei sostiene che "il tessuto della nostra società rischia di lacerarsi" per sempre. Che ruolo hanno avuto i colossi della Silicon Valley in questo processo?

"Le regole e i regolamenti della società sono troppo spesso strutturati per avvantaggiare i più ricchi. E poi ci sono anche risvolti economici".

I colossi dell’informatica dovrebbero quindi ridurre le proprie dimensioni?

"Più un business cresce, meno diventa rispettoso nei confronti dei propri dipendenti e dei clienti. I giganti della tecnologia hanno tutti un settore trainante. Per Google si tratta delle pubblicità collegate alle ricerche, per Microsfot sono Windows e Office. Queste aziende sfruttano poi questi enormi proventi per invadere altri campi, senza dover per forza produrre profitto per sopravvivere. Si tratta di qualcosa di profondamente ingiusto, che non riguarda solamente la cosiddetta Big Tech".

Le grandi aziende dell’informatica stanno anche soffocando i giornali. Pensa che la libertà di stampa sia in pericolo?

"No, ma credo fermamente che i colossi del web minaccino la sopravvivenza economica dei media. Facebook e Google hanno raggiunto un immenso grado di controllo sull’ecosistema della pubblicità e stanno risucchiando tutto il denaro possibile, mettendo a rischio il lavoro di molti giornalisti e distruggendo quotidiani e periodici".

La Silicon Valley dovrebbe pagare per utilizzare gli articoli scritti dai media tradizionali?

"Bisogna togliere il monopolio della pubblicità ai colossi del web e farlo funzionare correttamente. In questo modo motori di ricerca ed editori sarebbero alleati".

Lei sostiene che le lobby di Big Tech, con i milioni di dollari che hanno a disposizione, influenzino troppo Washington. Se gli Usa dovessero eleggere Biden al posto di Trump, cambierebbe qualcosa?

"Le prossime elezioni per il rinnovo del Senato sono importanti tanto quanto quelle per la Casa Bianca. Credo che ci sia un forte movimento all’interno del partito democratico favorevole a spezzare i monopoli che si sono creati. C’è il potenziale per un cambiamento significativo".

In passato si è rumoreggiato che Mark Zuckerberg, il papà di Facebook, volesse candidarsi a presidente. Secondo lei è una buona idea che Big Tech possa entrare nello Studio Ovale nel 2024?

"Assolutamente no, le abilità per costruire una grande società informatica e governare una nazione sono totalmente di verse. Nemmeno Gates e Bezos sarebbero adatti".