
L’intensità degli scontri cala dopo la repressione delle manifestazioni pro migranti. La sindaca Bass: "Provocazioni dalla Casa Bianca". Proteste anche a San Francisco.
Le manifestazioni di protesta nella California a maggioranza democratica contro le retate anti-migranti ordinate da Washington alzano la tensione politica degli Stati Uniti. Da Los Angeles arrivano immagini, numeri e scenari in movimento: guerriglia urbana diffusa per tutto il weekend (ieri situazione più calma), 150 arresti, persino 700 Marines in arrivo, in aggiunta agli oltre 2.000 uomini della Guardia nazionale spediti da Donald Trump senza interpellare le autorità locali. Contro "agitatori e insurrezionisti", agli arresti "chiunque indossi una mascherina", s’infuria il Presidente, mentre la sindaca di Los Angeles Karen Bass e il governatore della California Gavin Newsom (che Trump vorrebbe dietro le sbarre) lo accusano di fomentare il caos. Così lo scenario si sdoppia come l’America divisa. Fin dove si spingerà la rivolta pro immigrati che da L.A., San Francisco e Sacramento potrebbe contagiare il resto del Paese? E quanto le proteste di piazza saranno sfruttate dal tycoon? Le nove ore di diverso fuso orario tra California e Italia ritardano la cronaca, non l’analisi.
Da una parte monta la rabbia diffusa dei migranti con corollario di disordini, auto incendiate, negozi saccheggiati, anche lanci di molotov, in un contesto di manifestazioni molto partecipate e generalmente pacifiche. Dall’altra parte, le forze dell’ordine non si limitano all’uso dei gas lacrimogeni, ma sparano proiettili di gomma ad altezza viso e si preparano a scenari di conflitto prolungato. Perché in piazza non ci sono solo latinos esasperati ma anche californiani che non accettano la stretta trumpiana. L’ordine presidenziale di far scendere in piazza anche duemila agenti della Guardia nazionale e 700 Marines viene così sconfessato dalle autorità locali. "È una provocazione", stigmatizza la sindaca Bass, mentre il governatore Newsom preannuncia la citazione in giudizio di Trump per "atto dittatoriale" e attacca Tom Homan, il capo dell’Immigration and Customs Enforcement, e le sue minacce di arrestare "chiunque intralci le azioni dell’Ice". "Venga ad arrestare me, invece di prendersela con bambini di 4 anni o poveri che vogliono costruirsi una vita, pagano le tasse e sono qui da 10 anni". Dura anche l’ex vice presidente degli Stati Uniti Kamala Harris: "Pericolosa escalation per provocare caos", scrive su X: una scelta "crudele e calcolata" per "diffondere panico e divisione". "Non c’è alcuna invasione. Non c’è alcuna ribellione. L’invio della Guardia nazionale è illegale", chiarisce il procuratore Rob Bonta.
Immagini social delle proteste di questi giorni sono le colonne di fumo in città, l’autostrada 101 bloccata, oppure l’attrice Amelia Leigh Harris, 40 anni, con garze e pacchetti di ghiaccio sulla guancia colpita da un proiettile di gomma. Racconta: "Mi hanno colpito ai fianchi, al petto e al viso. Ma non rimpiango di essere venuta. Stiamo mostrando che non siamo tutti d’accordo con questa crudeltà, che reagire si deve". Le immagini parlano. Sfilando tra bandiere a stelle e strisce annodate a quelle di Messico, Guatemala o Salvador, migliaia di manifestanti paragonano Trump alle SS. "Fuck Ice", è lo slogan simbolo. Dalle trincee improvvisate con qualche panchina o transenna, i manifestanti rispondono alle forze dell’ordine con bottiglie, sassi e insulti. "Sono qui per dare voce a chi ha troppa paura di parlare. Non riusciranno a dividerci", urla Deidre, con una bandiera del Guatemala sul tetto del suo pickup. "Dobbiamo fermare il razzismo", annuncia Jean, signora di 72 anni. In una mano ha la Costituzione, nell’altra la scritta Stop Apartheid. "Verrò anche domani e poi dopodomani: il minimo che possiamo fare per i nostri concittadini in pericolo", è la promessa. Ma Trump non vuole fermarsi e attacca ancora Newsom: "Gavin è il grosso beneficiario di come stiamo sistemando i suoi problemi", perché "il suo Stato è un disastro". Anche il vice presidente JD Vance accusa il governatore californiano di lassismo: "Fai il tuo lavoro, è tutto ciò che chiediamo".